La Voting Machine (VM) lombarda

voting machine scrutinate

Il Referendum per l’autonomia del 22 ottobre 2017 in Lombardia sarà ricordato perché per la prima volta in Italia è stato sperimentato il voto elettronico. In mancanza di schede e matite copiative, cosa hanno usato gli elettori per esprimere la propria preferenza?

Dipende da dove e da chi è stato descritto il processo di voto:
♦  voting machine nelle procedure di voto della Regione Lombardia 
♦  dispositivo di voto nei regolamenti della Regione Lombardia
♦  tablet nei media

Referendum, alle urne col tablet, ma la macchina elettorale va a singhiozzo – Lombardia, difficoltà d’accesso al sito e attesa per i numeri sull’affluenza. Si impallano anche le «voting machine»

Le discrepanze evidenziano alcune dinamiche terminologiche ricorrenti in Italia.

Anglicismi istituzionali

Voting machine esemplifica una tendenza sempre più diffusa in molte istituzioni italiane: per fare divulgazione o per fornire istruzioni vengono usati anglicismi, anche per temi su cui è stato legiferato senza ricorrervi.

Esempio dal Manuale per il presidente di seggio:

Voting Machine (VM) - Definizione e caratteristiche. Con il termine Voting Machine (VM) si intende il dispositivo elettronico finalizzato al voto, composto da diversi componenti. Unità Voting Machine.  Nell’immagine che segue è raffigurata la VM con i diversi accessori previsti nell’imballo.

Nel Regolamento per lo svolgimento del referendum consultivo mediante voto elettronico, che ha disciplinato l’intero processo, è stato invece usato un termine italiano, dispositivo di voto (cfr. in particolare l’art. 7). Difficile capire perché poi gli sia stato preferito voting machine, che di certo non è più preciso.

Confondibilità: la macchina elettorale

Ci sono molti criteri che influenzano le scelte terminologiche. Uno di questi è la confondibilità: vanno evitati termini che sono troppo simili ad altri già esistenti, sono ambigui o possono avere associazioni fuorvianti o indesiderate.

Se tradotto letteralmente in italiano da chi ha scarse conoscenze di inglese, voting machine potrebbe essere confuso con il concetto di macchina elettorale
1 l’insieme dei mezzi e delle operazioni necessari per condurre una campagna elettorale;
2 l’organizzazione tecnica e amministrativa messa in funzione dallo stato o altre istituzioni per consentire lo svolgimento delle consultazioni elettorali. [Definizioni: Vocabolario Treccani]

A questo punto credo sia chiaro che voting machine è un anglicismo superfluo, difficile da giustificare. O forse voleva essere un omaggio a Milano, la capitale dell’itanglese? 😉

Incongruenze terminologiche

I media intanto hanno preferito tablet, hanno usato voting machine solo come eventuale sinonimo e mi pare abbiano evitato dispositivo di voto.

È una scelta comprensibile perché tablet è una parola ormai facilmente riconoscibile da gran parte dei parlanti, però dalle informazioni ricavabili dal sito del produttore dei dispositivi, Smartmatic, pare di capire che non abbiano potenzialità e funzionalità di veri tablet. È quindi una conferma che la precisione terminologica non è una priorità dei nostri giornalisti, che spesso ignorano la terminologia ufficiale e usano alternative. Esempi e dettagli in Migrazione: reinsediamento e ricollocazione.
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Vedi anche: 
♦  Elenco di anglicismi istituzionali 
♦  Inglese farlocco: Referendum Digital Assistant

6 commenti su “La Voting Machine (VM) lombarda”

  1. Nautilus:

    Licia, se lo staff di Maroni ti avesse interpellato per una consulenza tu quale soluzione avresti proposto? Anch’io ritengo che voting machine sia un anglicismo superfluo (e brutto), però al momento non mi viene in mente alcuna alternativa che sia al tempo stesso semplice, chiara, efficace e precisa.

  2. Licia:

    @Nautilus: avrei continuato a usare dispositivo di voto che è semplice, chiaro ed efficace. È abbastanza generico ma d’altronde voting machine lo è ancora di più, e comunque si può specificare che è un dispositivo di voto elettronico.

  3. Ivo Silvestro:

    Certo che la precisione terminologica non è una priorità per i giornalisti. E secondo me a ragione: ci si rivolge a un pubblico generalista, l’utilizzo di un linguaggio specialistico sarebbe controproducente.

  4. Licia:

    @Ivo precisione terminologica non vuol dire usare tecnicismi che non capisce nessuno ma assicurarsi di usare la terminologia corretta in modo coerente, anche per consentire a chi volesse di fare approfondimenti. Invece quasi sempre prevale la “priorità variazione” (parole diverse per lo stesso concetto: si crea confusione) oppure, come spesso succede per riferimenti Ue, non si verifica che termini vengono effettivamente usati nei testi italiani ma si usano quelli inglesi oppure ci si inventa una traduzione. Per me la mancanza di “cultura terminologica” è proprio questo: non rendersi conto che a concetti precisi corrispondono termini precisi e pensare che qualsiasi alternativa vada bene comunque.

    Aggiungo un esempio: in questi giorni i media discutono di whistleblowing e legge sui whistleblower senza però specificare titolo o altri riferimenti per identificare il provvedimento legislativo, così non è del tutto immediato riuscire a risalire al DDL – guarda caso non contiene anglicismi! In questi casi non mi pare che i giornalisti facciano un favore al loro pubblico, anzi!

  5. maxxfi:

    Probabilmente l’intera operazione ë piena di anglicismi superflui. Sul Post un lettore commentava dalla sua posizione di Digital Assistant…

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