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M.easy? YEAH, è inglese farlocco istituzionale!
Dal 2020 le tasse e i contributi scolastici richiesti agli alunni delle scuole statali per le attività curriculari ed extracurriculari devono essere versati attraverso Pago In Rete, il servizio centralizzato per i pagamenti telematici del Ministero dell’Istruzione.
È un servizio essenziale che riguarda tutte le famiglie con figli in età scolare, ma pare che molti abbiano ancora difficoltà d’uso. Per informazioni è stato predisposto un numero verde con risposte automatizzate (chatbot) che è stato chiamato M.easy (o M.Easy), ennesimo esempio di anglicismi usati a sproposito.
Non ho idea di cosa possa voler dire l’iniziale M., che anteposta all’aggettivo easy mi aspetto abbia la funzione di altro aggettivo o di avverbio. Dubito voglia dire molto, ed escludo anche much che sarebbe grammaticalmente errato (corretto: very), però non riesco a farmi venire in mente nessun’altra parola del lessico di base inglese che inizi per m e sia rilevante in associazione a easy.
Falsi amici per nemici: “armi più letali”
Il confronto tra alcuni titoli in inglese e in italiano evidenzia le ambiguità sintattiche e semantiche dell’espressione more lethal weapons:
La struttura del sintagma more lethal weapons può essere interpretata in due modi:
1 [[more lethal] weapons] ➝ armi più letali
2 [more [lethal weapons]] ➝ più armi letali
Negli esempi l’interpretazione corretta è la 2, come confermano titoli simili con altre formulazioni:
Inferno e paradiso (e non solo), però di carta!
Come si chiama il giochino di carta tridimensionale che si apre e chiude con le dita e sotto le alette numerate rivela dei messaggi?
Mi sono resa conto che non lo sapevo (o non me lo ricordavo più) quando ho visto un tweet in inglese che lo chiedeva. Per l’italiano ho fatto anch’io la stessa domanda e ho ottenuto varie risposte.
Inferno (e) paradiso è il nome prevalente, usato in varie parti d’Italia (Romagna, Lombardia, Sardegna, Novara, Roma), con l’alternativa paradiso-inferno nel nord della Lombardia.
1 titolo, 12 parole, 3 calchi sintattici
Non so se questo sia un titolo originale italiano oppure una traduzione letterale, però è certo che la sua struttura rivela alcune interferenze dell’inglese.
➤ Si nota innanzitutto la costruzione il problema di y con x che ricalca l’inglese y’s problem with x, ad es. Gibraltar’s problem with its waste. Alla preposizione con è assegnata la funzione che hanno locuzioni come per ciò che riguarda, a proposito di, relativamente a. È un uso recente ma sempre più diffuso che si nota anche in altri calchi come cosa succede con x, cosa fare con x, la novità con x ecc. Dettagli in Interferenze dell’inglese: il problema di “con”.
Falsi amici dal fronte: private, troops, tank…
Molte notizie dall’Ucraina sono tradotte dall’inglese e purtroppo sono ricorrenti falsi amici ed errori grossolani, spesso poi replicati pedissequamente da varie testate.
Esempio del 4 aprile 2022 con refusi e due errori evidenti anche se non si dispone del testo originale:
via @DocThomas e @damgentemp
Private non è sempre privato!
In ambito militare private è un sostantivo che significa soldato semplice. Chi ha tradotto ha dato per scontato che fosse un aggettivo e anziché verificare l’esistenza di altre accezioni ha inventato una spiegazione poco plausibile in un contesto in cui l’attenzione alla riservatezza è un controsenso.
Presumo che chi ha tradotto, ma anche chi ha riciclato il testo, ignori l’esistenza del film di Spielberg Saving Private Ryan, in italiano Salvate il soldato Ryan, oppure non si faccia mai nessuna domanda e si preoccupi solo della formattazione (priorità: il tipo di virgolette che racchiudono privato!).
Raffreddorizzarsi: occasionalismo o neologismo?
L’immunologo Guido Silvestri, intervistato dal Corriere della Sera, ha usato il verbo riflessivo raffreddorizzarsi, poi ripreso immediatamente da molte altre testate, per ipotizzare effetti meno gravi per la variante Omicron del virus SARS-CoV-2.
La parola è insolita ma ben formata: il suffisso –izzare, usato per creare verbi denominali e deaggettivali, è tra i più produttivi dell’italiano. Ha prevalentemente un valore causativo o trasformativo: quando ha come base una parola x o un nome proprio X, il verbo x-izzare indica rendere x o come x, fare x, causare x, trasformare in x.
Un rapper può “incitare il caos”?
Durante il concerto di un rapper americano in Texas c’è stata una calca che ha causato la morte di più persone. Nelle notizie tradotte dall’inglese sono evidenti alcune differenze tra due verbi in apparenza coincidenti, incite in inglese e incitare in italiano.
Esempi: Il rapper ama incitare il caos e il sospetto è che stavolta la situazione gli sia sfuggita di mano • Scott è stato accusato di incitare il caos e comportamenti pericolosi nei suoi spettacoli • Denunce al rapper Travis Scott, colpevole di «incitare la violenza»
Trovo improprie queste traduzioni perché ricalcano una costruzione dell’inglese che non è usata in italiano.
Far la fine di Vil Coyote, in inglese…
vignetta: Moderately Confused
Nella vignetta con il malcapitato che non ha calcolato bene l’altezza* del marciapiede il nome proprio Wile E. Coyote è stato trasformato in un verbo. È un esempio di un meccanismo linguistico molto flessibile in inglese che a me piace molto, anche quando le parole create sono solo occasionalismi usati ad effetto comico.
La conversione (o transcategorizzazione) consente di assegnare una nuova categoria grammaticale a una parola esistente, senza modificarla. In inglese è estremamente produttivo, soprattutto nella conversione di sostantivi in verbi (verbing o verbification). Alcuni esempi: i verbi stan, ratio e bot, ricorrenti sui social.
Una striscia di Calvin and Hobbes che ironizza su questo meccanismo:
Propaganders, ereditiers, chilavisters, angelers…
Trovo divertente e creativo un uso particolare del suffisso inglese –er, aggiunto a nomi propri di personaggi del mondo dello spettacolo oppure di programmi televisivi per denominare scherzosamente chi li segue. I nomi ibridi che ne risultano sono palesi pseudoanglicismi, spesso usati nella forma plurale –ers non solo per l’insieme dei fan ma anche per la singola persona.
Uno dei primi esempi è stato leosiners, dal nome della giornalista Franca Leosini, conduttrice del programma Storie Maledette da cui poi è nato anche maledetters. Un dettaglio curioso è che i programmi su reati, misteri, delitti e persone scomparse risultano tra i più produttivi per questo tipo di nomi. Esempi:
La grammatica del meme “Evil Be Like”
C’è un meme di origine americana che in questi giorni sta spopolando anche su alcuni social italiani: è noto come Evil Be Like e consiste in un’immagine o una foto in negativo di un personaggio famoso e una descrizione o una citazione nota che viene modificata, anche questa in negativo, per creare una versione “malvagia” del personaggio.
Phrasal template
Evil X be like… è un phrasal template, una frase che segue uno schema specifico e al suo interno ha una o più variabili che possono essere sostituite solo da alcune categorie di parole: in questo caso X deve essere un personaggio reale o di fantasia facilmente riconoscibile grazie a conoscenze enciclopediche comuni.
Altolà ad “alti là”!
Un errore insolito osservato da @thmsch in un articolo di politica:
Non si dice gli *alti là ma gli altolà, espressione che rimane invariata al plurale e che di solito si scrive come singola parola. Probabilmente è solo una svista, ma per me comunque interessante perché mette in evidenza alcune peculiarità linguistiche.
Una reinterpretazione inaccurata
Il plurale *alti là rivela un fenomeno noto come rianalisi, “una ‘reinterpretazione’ di una parola o un costrutto complessi, non giustificata o anche errata sul piano etimologico, spesso consistente in una arbitraria risegmentazione, o guidata da fattori analogici e da etimologie fantasiose”,
Peep this!
Domanda di inglese: mi è stato chiesto se la frase peep that patch è grammaticalmente corretta. Se il registro è informale, come in questo caso, la risposta è affermativa.
Il dubbio deriva dalla cognizione che normalmente il verbo peep è intransitivo e può avere solo argomenti indiretti. Peep significa guardare furtivamente, sbirciare, specialmente di nascosto e/o attraverso un’apertura (ad es. he peeped through the window into her room); peep [out] significa anche sbucare, fare capolino (ad es. the sun peeped out from behind a cloud). Peeper è il guardone.
Vaccini per età: over 80enni e over 85 anni
Nelle notizie sui vaccini sono ricorrente i dettagli sulle fasce di età a cui sono destinati. Per specificarle i media ricorrono spesso agli anglicismi under e over, anche con alcuni usi peculiari che finora non avevo mai notato. Esempi:
Gli anglicismi under e over
Le preposizioni inglesi under e over sono entrate in italiano negli anni ‘80 attraverso il lessico sportivo e hanno un uso molto specifico: sono usate come aggettivi o sostantivi anteposti a un numero che indica l’età sotto o sopra la quale rientrano una o più persone: insegnanti under 55, l’under 21, categoria over 50, pensionati over settanta ecc.
“Speriamo che faremo bene”: dov’è l’errore?
Subito dopo il giuramento del governo Draghi (febbraio 2021), su Twitter è scoppiata una polemica linguistica, riportata poi da vari media, su alcune frasi del neoministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, emiliano. Esempio:
Bianchi si è fermato a parlare con i cronisti rispondendo a chi gli chiedeva quando aveva scoperto della sua nomina: “L’ho imparato ieri”, dice invece del corretto “l’ho appreso ieri”. Poi un altro scivolone: “Speriamo che faremo bene”. |
Per quel che ho potuto vedere si tratta di notizie “acchiappaclic” perché non sono state date spiegazioni che giustifichino la presunta gravità degli errori.
L’accettabilità di l’ho imparato ieri
Tutti i dizionari di italiano registrano l’accezione “venire a sapere” di imparare, marcata come uso regionale. Non è una forma dialettale, come è stato affermato impropriamente da alcuni: si tratta invece di un uso circoscritto ad Emilia-Romagna e alcune altre regioni ed è un esempio di variazione diatopica (il modo in cui una lingua cambia nello spazio geografico).
Facciario, il facebook italiano
Le notizie sulle prime consultazione in cui è stato impegnato Mario Draghi mi hanno fatto scoprire la parola facciario, un particolare album con le foto dei parlamentari.
È già apparsa nelle cronache politiche degli anni scorsi e quindi non è un neologismo. È infatti in uso nel lessico parlamentare dal secolo scorso, come indica la voce del vocabolario Devoto-Oli che ne dà questa definizione, con marca d’uso gergale: “repertorio fotografico dei parlamentari, di cui si servono i commessi per riconoscere deputati e senatori”. La versione digitale con i deputati della legislatura corrente si può consultare qui.
Facciario, una parola che non si scorda
La parola facciario mi piace perché mostra come sono state riutilizzate risorse lessicali esistenti per creare una parola originale ed efficace che è anche trasparente e facile da ricordare. Faccio quindi fatica a capire il senso del commento evidenziato: