Virgolettati fantasiosi (e “fumosi”)

Tre titoli della stessa vecchia notiziola, del tutto irrilevante ma utile per evidenziare un fenomeno tipico della stampa italiana, i virgolettati fantasiosi:

Titoli: 1 Matrimonio Berlusconi, la ex Pascale: “Si sposa? Auguri. Mi fumerò una canna” -- 2 Nozze Berlusconi con Marta Fascina, Francesca Pascale: “Fumerò uno spinello al loro matrimonio” – 3 Berlusconi, voci di matrimonio con Marta Fascina. Francesca Pascale: “Auguri, fumerò un joint alle nozze”

Sarei davvero curiosa di sapere cosa spinge i giornalisti a cambiare le parole altrui anche in caso di banalità come questa. Come si può vedere dagli esempi, non è neppure una necessità dettata dal risparmio di spazio, e comunque non succede solo nei titoli.

A volte le sostituzioni sono dovute all’assurdo terrore delle ripetizioni, ma sempre più spesso i virgolettati sono completamente inventati. Per chi legge è difficile distinguere tra citazioni attendibili, libere reinterpretazioni e pura immaginazione. 

I virgolettati fantasiosi sono incongruenti con le regole della punteggiatura italiana:

le virgolette hanno principalmente la funzione di distinguere le parole dell’autore dalle parole di altri e la funzione di segnalare lo status particolare di alcune espressioni

spiega il Dizionario di stile e scrittura, da cui qui di seguito ho sintetizzato anche la classificazione sull’uso delle virgolette.

1 Parole altrui 

1.1 Citazioni: le virgolette si usano per segmenti di discorso altrui che si intendono riprodotti letteralmente.

1.2 Inserti critici: le virgolette consentono anche di prendere le distanze da parole altrui che si considerano scorrette, inadeguate o non condivisibili, di solito frasi cristallizzate o espressioni particolari, ad es. manifestazione contro la “dittatura sanitaria”. È una funzione detta di attenuazione o di distanziamento.

2 Espressioni con status particolare

2.1 Titoli di contribuiti nei riferimenti bibliografici: le virgolette sono usate per articoli di periodici (per differenziarli dai titoli di opere più estese, in corsivo).

2.2 Parole in quanto parole: le virgolette possono essere usate in alternativa al corsivo per indicare che una parola è l’oggetto del discorso, ad es. il neologismo “Fantasanremo”.  È una funzione metalinguistica.

2.3 Significati e traduzioni: le virgolette si usano per dare il significato e la traduzione di un’espressione, ad es. cyber nel senso di “relativo alla realtà virtuale, ai computer o a Internet”. È un’altra funzione metalinguistica.

2.4 Espressioni metaforiche: le virgolette possono segnalare usi figurati non comuni o non standard (come “fumoso” nel titolo) o che potrebbero far sorgere dubbi tra interpretazione letterale e metaforica.

3 Virgolette giornalistiche?

I virgolettati fantasiosi dei giornalisti non appartengono a nessuna di queste categorie perché non riportano fedelmente quanto detto da altri, parola per parola, ma interpretazioni arbitrarie o supposizioni (che possono arrivare ai casi estremi del tipo prima di morire, ha pensato “bla bla bla”).

Domande: sarebbe utile una convenzione grafica che consenta di distinguere tra citazioni attendibili, “parafrasi” e invenzioni? Vanno aggiornate grammatiche e guide di stile con l’uso giornalistico? Come si potrebbe chiamare?


Vedi anche: “Virgolette” in Europa e in USA, con alcune differenze d’uso per le citazioni in lingue diverse, e con le espressioni inglesi scare quotes e air quotes.  


Aggiornamento gennaio 2024 – Un esempio che fa riflettere per le potenziali implicazioni delle sostituzioni di parole: Jannik Sinner dice “ho pensato a tutte le persone, nel virgolettato del TG1 viene trasformato in italiani.

7 commenti su “Virgolettati fantasiosi (e “fumosi”)”

  1. Andrea P:

    Ciao Licia,

    mi sembra che in questi casi le virgolette siano usate come nei romanzi, quando parla uno dei personaggi – è quindi più un’indicazione del passaggio ad una parte più o meno discorsiva. Come nei romanzi, ovviamente, non c’è pretesa di aderenza alla frase originale nelle intenzioni dello scrivente.
    Ad esempio, un titolo per riportare questo post potrebbe essere: Licia Corbolante: “le virgolette? Parliamone”

  2. Licia:

    @Andrea, grazie per il punto di vista, però questo è proprio il caso in cui non mi aspetto le virgolette perché è la sintesi dell’autore. Sono sufficienti i due punti per segnalare il diverso punto di vista. Per me il titolo dovrebbe essere

    Licia Corbolante: Le virgolette? Parliamone

    Altrimenti come faccio a sapere quando vengono riportate le parole effettivamente pronunciate e quando invece si tratta di una libera reinterpretazione?

    Sui romanzi: in gran parte dei casi i personaggi sono immaginari quindi le parole che pronunciano sono per forza di cose “originali” perché ideate da chi scrive.

  3. Silvia:

    Ho notato che negli ultimi tempi la maggior parte dei titoli dei giornali ha una parte virgolettata, non capisco il motivo. Sicuramente non migliorano la qualità della lettura e dell’informazione.

  4. Lele:

    Secondo me non serve una nuova convenzione grafica, anche perché non potrebbe essere imposta. Nelle questioni linguistiche – ahimé – vince l’uso.
    Le “regole” nel Dizionario di stile e scrittura che citi ci sono già, e basterebbe seguirle. I manuali redazionali o non esistono più o non vengono usati. I correttori di bozze si sono estinti.
    I virgolettati fantasiosi sono qualcosa di veramente urtante, e a mio avviso sono uno degli indicatori del fatto che gli organi di stampa fanno sempre peggio quello per cui esistono: informare.

  5. FF:

    Ricordo l’anno scorso il direttore di un quotidiano (non ricordo esattamente quale, ma uno di quelli “autorevoli”) che rivendicava il diritto di usare le virgolette nel titolo per (apro virgolette): “riassumere il pensiero dell’intervistato”.

    Il punto più “alto” di questa faccenda si è raggiunto qualche tempo fa con un’intervista di Scalfari al Papa in cui sono state virgolettate dichiarazioni mai fatte in quei termini, con ovvie rimostranze del Vaticano…

  6. Roberto:

    Come osserva FF, il problema è deontologico più che linguistico. Mia moglie è un’accademica e le capita relativamente spesso di essere intervistata. E regolarmente si ritrova virgolettate parole non sue, completamente errate, perché quelle vere sono state “riassunte” (virgolette di distanziamento) da qualcuno che evidentemente non le capiva. Alle sue richieste di rettifica, si è sentita spesso rispondere con quell’assurda rivendicazione a cui accenna FF.
    La politica dei grandi quotidiani stranieri è molto diversa. Ad esempio si può vedere quella del Guardian (qui sotto “quotes”): https://www.theguardian.com/guardian-observer-style-guide-q. Sottolineo in particolare questo punto: “Take care with direct speech: our readers should be confident that words appearing in quotation marks accurately represent the actual words uttered by the speaker, although ums and ahems can be removed and bad grammar improved. If you aren’t sure of the exact wording, use indirect speech”.

  7. @Many_many_books:

    Ciao Licia,
    anch’io trovo scorretto dal punto di vista deontologico l’uso delle virgolette doppie quando le parole altrui sono state modificate, nonché irritante quando racchiudono una citazione letteraria non fedele.
    In entrambi i casi si potrebbe optare per le virgolette singole, perché segnalerebbero immediatamente al lettore che quanto racchiudono non è riportato alla lettera ma contiene qualche (piccolo) rimaneggiamento. È una scelta editoriale che, per quanto rara, ho già incontrato sia in inglese che in italiano.

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