Promemoria per i media: immunizzato ≠ vaccinato

Un esempio di errore ricorrente nei media italiani, da un servizio di un TG dell’11 settembre 2021:

Schermata da servizio del TG! dell’11 settembre 2021 intitolato “Effetto vaccini”

A quanto pare parecchi giornalisti non hanno ancora capito che la parola immunizzato identifica un individuo che in seguito a una vaccinazione è stato reso immune a una specifica malattia – non verrà contagiato se entra in contatto con l’agente infettivo perché possiede gli anticorpi specifici per contrastarlo.

Come dovrebbe essere noto, nessun vaccino è efficace al 100%. Non tutti i vaccinati riescono a sviluppare una risposta immunitaria e risultano così vaccinati ma non immunizzati. Sono loro che corrono il rischio di contagiarsi, ammalarsi e, nei casi più gravi, di dover essere ricoverati in ospedale.

In sintesi: gli immunizzati sono un sottoinsieme dei vaccinati e quindi immunizzato non è sinonimo di vaccinato (come invece in inglese americano, cfr. commenti). La frase il ricovero in rianimazione di chi è immunizzato per me è un controsenso.

Lo spauracchio della ripetizione

L’esempio è tratto da un servizio del TG1 su un aggiornamento sull’epidemia di Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità. L’ho scelto perché consente di confrontare le parole del servizio con il testo originale:

Testo TG: “I dati dell’ISS non lasciano spazio a dubbi: per le persone completamente vaccinate il rischio di ricovero in terapia intensiva e di morte si riduce del 96%. Nello specifico, nell’ultimo mese il tasso di ospedalizzazione per i non vaccinati è di circa nove volte più alto rispetto ai vaccinati e per gli over 80 il tasso di ricovero in rianimazione di chi è immunizzato è di ben tredici volte più basso rispetto ai non vaccinati”. Testo ISS: Si osserva una forte riduzione del rischio di infezione da virus SARS-Cov-2 nelle persone completamente vaccinate rispetto a quelle non vaccinate (77% per la diagnosi, 93% per l’ospedalizzazione, 96% per i ricoveri in terapia intensiva e per i decessi). […] calcolando il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni, si riscontra come questo per i non vaccinati sia circa nove volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo.  […] negli over 80, si osserva che negli ultimi 30 giorni il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei vaccinati con ciclo completo è ben tredici volte più basso dei non vaccinati

Temo che anche in questo caso sia prevalso il terrore delle ripetizioni che spinge i giornalisti italiani a cercare alternative a tutti i costi, anche se ne potrebbero risentire precisione e correttezza delle informazioni che spesso risultano distorte.

Chi ha scelto di sostituire vaccinati con ciclo completo con chi è immunizzato dimostra non solo scarsa padronanza del lessico italiano ma anche incapacità di riconoscere un concetto specialistico che andrebbe identificato sempre in modo univoco con lo stesso termine.

Si nota anche scarsa attenzione al dettaglio: chi scrive avrebbe dovuto accorgersi che nell’aggiornamento sull’epidemia di Covid dell’ISS ci sono continui rimandi a un glossario con le definizioni dei termini chiave usati, tra cui “casi con ciclo completo di vaccinazione”.

Da chi scrive per professione ci si aspetterebbe anche maggiore consapevolezza delle scelte lessicali e terminologiche altrui, ad es. per notare che contrapporre sistematicamente vaccinati vs non vaccinati consente di confrontare più facilmente le informazioni. Avrebbe inoltre consentito di accorgersi che né l’ISS né il Ministero della Salute usano mai il verbo immunizzare o il sostantivo immunizzazione in riferimento all’epidemia e alla campagna vaccinale in corso.

Variazione vs ripetizione

Ho già discusso le conseguenze negative della ricerca ossessiva di sinonimi in Variazione e ripetizione (con partita Iva e tweet) e più recentemente in Promemoria per i media: vaccino ≠ siero ≠ antidoto. Ne aveva preso spunto anche Anna Masera, public editor di La Stampa, per Il vaccino non è un siero, e nemmeno un antidoto (“esperti e lettori: meglio ripetere la parola nei titoli e negli articoli piuttosto che sostituirla con presunti sinonimi che non lo sono”), a sua volta citato dal linguista Michele Cortelazzo per una riflessione sull’insegnamento dell’italiano:

L’insistenza, a scuola, per la variazione lessicale (che sottintende un auspicabile sviluppo della competenza lessicale dell’allievo) è certamente meritoria. Deve però essere condotta con una forte consapevolezza di vantaggi e svantaggi e un’esplicitazione dei limiti del processo: la variazione non può essere perseguita al prezzo di produrre testi semanticamente imprecisi.

Condivido in pieno queste considerazioni e mi auguro che possano essere fatte anche ai corsi di giornalismo!


Per altri esempi di usi impropri o disinvolti della terminologia dell’epidemia, vedi anche:

►  Aerosol: da cura a infezione
►  Un richiamo ai media su “booster”!
►  Distanza: sociale, fisica, interpersonale
►  AstraZeneca è un vaccino raccomandato?
►  La “regola droplet”, invenzione dei media?
►  Vaccini efficaci nei casi severi (ma non giusti!)
►  Sanificare, igienizzare, disinfettare, sanitizzare…
►  Per viaggiare in Ue non si userà il “green pass”!
►  Anglicismi a caso: l’open day negli hub è sold out
►  Promemoria per i media: vaccino ≠ siero ≠ antidoto


Aggiornamento – Un esempio in cui la parola immune, “resistente a una malattia infettiva”, viene usata erroneamente e ne risulta un’informazione distorta:

Titolo di  notizia del 30 ottobre 2021: Trieste in ginocchio dopo l’onda No Vax. Ospedale in crisi: “Rischio zona gialla”. Ieri 267 casi, il numero più alto da aprile. Aperto un nuovo reparto Covid al Maggiore. “Il 90% di pazienti non immune”

Chi è immune non si ammala, quindi la percentuale indicata non ha alcun senso: tutti i ricoverati per Covid (100%) sono non immuni, e tra questi è stato identificato un sottoinsieme di 90% non vaccinati. Chi ha scritto il titoletto ha confuso immune e immunizzato, a loro volta confusi con vaccinato, dimostrando così di non avere alcuna padronanza del lessico della pandemia.

4 commenti su “Promemoria per i media: immunizzato ≠ vaccinato”

  1. Gianmaria Lari:

    Ciao @Licia,

    guarda che cosa curiosa e’ presente sul manuale Merck (manuali MSD):

    “[…] I soggetti immunizzati contro una malattia non contraggono tale malattia oppure la contraggono solo in forma lieve. Tuttavia, poiché nessun vaccino è efficace al 100%, alcune persone che sono state immunizzate possono comunque contrarre la malattia.[…]”

    Ho controllato e non mi pare che sia un problema di traduzione. Questo e’ il testo inglese che mi sembra in linea con quello italiano:

    “[…] When people are immunized against a disease, they usually do not get the disease or get only a mild form of the disease. However, because no vaccine is 100% effective, some people who have been immunized still may get the disease.[…]”

    Un ultima cosa. Sempre lo stesso manuale Merck sostiene che:

    “[…] L’immunità (la capacità dell’organismo di difendersi dalle patologie causate da certi batteri o virus) può aver luogo naturalmente (quando si viene esposti a batteri o virus) oppure si può ottenere attraverso la vaccinazione.[…]” (il testo inglese e’ anche in questo caso in linea con quello italiano)

    Quindi sembrerebbe che l’immunizzazione non sia una prerogativa del vaccino (il che a me *sembrerebbe* ragionevole).

    Ciao e grazie!

  2. Licia:

    @Gianmaria ho dovuto cercare cosa fosse il manuale Merck, immagino sia un testo notissimo solo in ambiti molto specifici! Molto utile questo riferimento che evidenzia una possibile differenza tra lessico comune (parole) e lessico settoriale (termini). Nel post ho fatto un esempio tra i tanti visti nei media generalisti e mi sono limitata alle accezioni non specialistiche di immunizzare e immunizzato, quelle descritte nei vocabolari di italiano che sono concordi nelle definizioni- Aggiungo che anche i vocabolari inglesi riportano definizioni molto simili a quelle italiane, ad es. “immunize: make (a person or animal) immune to infection, typically by inoculation” (Oxford Dictionaries). Nell’esempio che hai fatto tu invece sembrerebbe che vaccinato = immunizzato. Può darsi che ISS e Ministero della Salute evitino di ricorrere a immunizzare / immunizzazione proprio per evitare possibili fraintendimenti.

  3. Carla Crivello:

    Ritengo sia più chiaro distinguere l’immunizzazione dall’immunità.

    E, sul tema, segnalo che di recente (Page last reviewed: September 1, 2021), i Centers for Disease Control & Prevention (CDC) hanno cambiato le definizioni di “vaccine” e “vaccination”.
    Riporto le definizioni precedenti:
    Vaccine: A product that stimulates a person’s immune system to produce immunity to a specific disease, protecting the person from that disease. Vaccines are usually administered through needle injections, but can also be administered by mouth or sprayed into the nose.
    Vaccination: The act of introducing a vaccine into the body to produce immunity to a specific disease.

  4. Licia:

    @Carla, bentornata e grazie per i dettagli. Ho recuperato le nuove definizioni di CDC da Immunization: The Basics che conferma l’uso americano di immunization nel senso di vaccination che poi ha portato a immunized usato come sinonimo di vaccinated e alle traduzioni letterali nei media italiani:

    Definition of Terms

    Immunity: Protection from an infectious disease. If you are immune to a disease, you can be exposed to it without becoming infected.

    Vaccine: A preparation that is used to stimulate the body’s immune response against diseases. Vaccines are usually administered through needle injections, but some can be administered by mouth or sprayed into the nose.

    Vaccination: The act of introducing a vaccine into the body to produce protection from a specific disease.

    Immunization: A process by which a person becomes protected against a disease through vaccination. This term is often used interchangeably with vaccination or inoculation.

    In italiano invece non ho ancora trovato nessuna definizione non specialistica che equipari immunizzazione e vaccinazione, ad es. tutti i principali vocabolari concordano nel definire l’immunizzazione come il conseguimento di uno stato di immunità. Credo che da parte dei media generalisti servirebbe maggiore cautela nell’adottare calchi dall’inglese che possono creare confusione, specialmente su un tema così delicato.

    Invece a proposito di definizioni di vaccino, lo scorso gennaio in Promemoria per i media: vaccino ≠ siero ≠ antidoto avevo osservato che l’innovazione dei vaccini a mRNA ha implicazioni anche per i lessicografi perché alcuni vocabolari hanno descrizioni che risultano inadeguate. Quando qualche giorno fa è uscita la nuova versione del Vocabolario Devoto-Oli e ho notato che sono state aggiunte molte parole legate all’epidemia ma non è stata aggiornata la voce vaccino, che è rimasta “Sospensione di batteri, tossine o virus, uccisi o vivi, ma attenuati, da introdurre nell’organismo allo scopo di provocare uno stato di immunità attiva nei confronti di determinate malattie infettive attraverso la produzione di anticorpi protettivi”. I vaccini a mRNA però contengono tutt’altro!

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