Da Recovery a PNRR a #NextGenerationItalia

Tre titoli di una notizia del 18 gennaio 2021 sui commenti del Commissario europeo per l’economia al piano approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021:   

Titoli: 1 Recovery Fund, Gentiloni: “Bene piano italiano ma va rafforzato”; 2 Recovery Plan, Gentiloni: “Piano italiano buono ma va rafforzato”; 3 Gentiloni sul Recovery: “L’Italia adotti procedure straordinarie”; 4 Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Si contano cinque nomi diversi per lo stesso referente:
1  Recovery Fund
2  Recovery Plan
3  Recovery
4  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
5  #NextGenerationItalia
All’interno del documento governativo si trova un sesto nome, l’acronimo
6  PNRR

Comunicazione pubblica vs comunicazione istituzionale

È un copione già visto altre volte: nella comunicazione pubblica politici e media privilegiano anglicismi, spesso usati erroneamente o a sproposito, mentre nei testi istituzionali e delle leggi vengono usati nomi italiani.

Purtroppo l’equivalenza dei diversi nomi non è comunicata esplicitamente nei siti ministeriali e neppure dai media, che ultimamente usano anche l’acronimo PNRR senza però spiegare che si tratta del famigerato Recovery Plan (o Recovery Fund o Recovery) e perché l’hashtag per i social è #NextGenerationItalia.

Esempio dal sito del Governo: negli ultimi Comunicati del Consiglio dei Ministri, come quello del 13 gennaio 2021, viene usato il nome italiano e non c’è alcuna occorrenza della parola recovery. È in evidenza la possibilità di scaricare il Piano nazionale di ripresa e resilienza ma per il cittadino che arrivi sul sito cercando la bozza del Recovery Plan annunciata dai media potrebbe non essere ovvio che è lo stesso documento.

Definizione del Dipartimento per le Politiche Europee:

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il programma di investimenti che l'Italia deve presentare alla Commissione europea nell'ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere ala crisi pandemica provocata dal Covid-19.

Anche il Dipartimento per le Politiche Europee nell’approfondimento Piano nazionale di ripresa e resilienza privilegia il nome italiano e relativo acronimo ed evita gli anglicismi di media e politici. Purtroppo nella definizione non è stata colta l’opportunità di specificare che il piano è noto anche come Recovery Plan.

Dalla definizione si ricava anche che il nome ibrido NextGenerationItalia, usato per l’hashtag, è modellato su NextGenerationEU, che è il nome proprio scelto dalle istituzioni europee per lo strumento per attuare il piano europeo per la ripresa (e quindi non andrebbe modificato!).

Sfide, Missioni e Azioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

immagine: Dipartimento per le Politiche Europee

Ancora una volta mi ritrovo a sottolineare che le incongruenze terminologiche creano confusione e penalizzano il cittadino che vuole informarsi direttamente alla fonte. Purtroppo i comunicatori pubblici non sembrano preoccuparsene, eppure basterebbe un minimo di attenzione alle scelte terminologiche per rendere le informazioni più accessibili: qualche dettaglio in Terminologia e comunicazione.


In Non è Recovery Fund ma fondo per la ripresa (aprile 2020) ho già descritto l’uso improprio e incongruente degli anglicismi, peggiorato da errori di ortografia e di pronuncia, e ho evidenziato l’incapacità di politici e media di verificare direttamente alle fonti la terminologia istituzionale europea per l’italiano.

Vedi anche: Elenco di anglicismi istituzionali 


4 commenti su “Da Recovery a PNRR a #NextGenerationItalia”

  1. Claudia Percivalle:

    Un articolo dal tempismo perfetto e dal contenuto importante, con rivolti politici e sociali di grande impatto. Quando si dice che le classi politiche sono lontane dalla gente comune, forse sarebbe il caso di chiedersi innanzi tutto in che modo ci si rivolge ai propri interlocutori. Se in modi diversi in sedi diverse (legittimo e corretto), bisognerebbe aver cura di “tradurre” da lingue diverse o registri linguistici diversi. E siamo sicuri che il termine “resilienza” sia compreso dalla stessa porzione di opinione pubblica che è interessata al Recovery Fund/Recovery Plan/PNRR?

  2. John Dunn:

    1. Sembra che qui la colpa sia parzialmente quella dell’UE, che, nonostante la Brexit, continua a usare l’inglese per le sue iniziative e dove, se non sbaglio, è stato coniato il termine ‘Recovery Fund’.

    2. Teoricamente il Recovery fund e il Recovery plan sarebbero due cose diverse: nel primo caso si tratta dei soldi che saranno (forse) disponibili, mentre nel secondo si tratta del documento che va inviato a Bruxelles affinché arrivino questi soldi. E poi il recovery sarebbe quello che questi soldi devono rendere possibile, ma qui c’entra la nuova regola della lingua italiana secondo la quale una collocazione ‘English-sounding’ del tipo sostantivo + sostantivo può essere abbreviata togliendo la seconda parte.

    3. Penso che per l’uso post-Brexit dell’inglese della parte dell’UE ci siano due motivi, uno linguistico e uno più politico: (i) l’inglese è una lingua molto utile per la creazione di collocazioni brevi, ma magniloquenti (anche se spesso private di qualsiasi senso); (ii) dopo la Brexit l’inglese è divenuto una lingua ‘neutrale’, che si può usare senza la possibilità di offendere qualcuno (e anche, volendo, con una certa approssimazione).

  3. Claudia Percivalle:

    Sono d’accordo, in particolare con il punto 2 sollevato da John, ed è veramente un peccato che l’inglese venga stiracchiato in questo modo. Già la tendenza, in Italia, è da sempre al livellamento verso il basso, con collocazioni brevi mal utilizzate e la produzione di un inglano/italese che, alla fine, non vuol dire più niente. Le ultime vicende politiche europee poi rischiano di declassare l’inglese a una lingua “di tutti e di nessuno”, e l’esperienza insegna che ogni realtà va fatta propria da qualcuno perché possa prosperare…sarebbe interessante capire come si stanno muovendo il British Council o altre istituzioni britanniche. Ricordiamoci di Dante – fatti non foste a viver come bruti!

  4. Licia:

    @Claudia, ormai la parola resilienza è diventata un vero e proprio tormentone, al punto da perdere significato. Peccato, perché esprime un bel concetto.

    @John per me uno degli aspetti più sconsolanti è che le istituzioni europee inizialmente avevano scelto esclusivamente terminologia italiana (fondo e piano per la ripresa) che però media e politici nostrani avevano ignorato, tanto che ora nei documenti in italiano dell’UE viene spesso aggiunto (Recovery Plan) tra parentesi. Non è la prima volta che i traduttori sono costretti ad aggiungere l’anglicismo dopo che in Italia la terminologia italiana ufficiale era stata ignorata: era già successo, ad esempio, per hotspot. E la confusione tra Recovery Plan e Recovery Fund, diventati entrambi Recovery è secondo me l’ennesimo esempio che spesso gli anglicismi sono contenitori semivuoti che vengono riempiti con il significato che più fa comodo: è possibile perché in generale la conoscenza dell’inglese non è molto elevata. 

    Sull’uso dell’inglese comunitario, ritengo anch’io che continuerà ad avere lunga vita anche senza essere lingua ufficiale, specialmente ora che diventa a tutti gli effetti una “lingua franca” che senza il contributo dei funzionari britannici sempre più si caratterizzerà come una varietà linguistica a sé stante. In un vecchio post, Euro-English, avevo citato un documento di di Jeremy Gardner, A brief list of misused English terminology in EU publications (versione aggiornata del 2016), che ne descrive molte caratteristiche. Cfr. anche Brexit: la sorte dell’inglese lingua ufficiale UE.

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