La “bottega dello street food” di Pompei

Notizia dagli scavi di Pompei: sono stati ultimati i lavori che hanno fatto riaffiorare un termopolio. Nel mondo romano era la rivendita di bevande e alimenti, sia caldi che freddi, caratterizzata da un ampio vano di ingresso e da un bancone in muratura. Il nome, in latino thermopolium, deriva dal greco ϑερμός “caldo” e πωλέω “vendere”.

Titoli di notizie: “Pompei, torna alla luce la bottega dello street food: ritrovato un Termopolio intatto” e “Pompei, ecco la bottega di street food riemersa dagli scavi: c’è anche lo scheletro di un cagnolino”

Nei media il termopolio è stato rinominato bottega di / dello street food. Sarei molto curiosa di sapere chi ha avuto la brillante idea di usare un anglicismo in questo contesto, considerato che nel comunicato stampa del sito archeologico il ritrovamento è invece descritto come tavola calda!

Riaffiora per intero la tavola calda della Regio V

Se si vende in bottega, non è street food!

Forse a qualcuno sarà piaciuta la “modernizzazione”, io invece ho trovato fastidioso l’anacronismo dell’anglicismo in riferimento a un luogo dell’antichità, l’incongruenza dell’associazione a bottega, una parola che sta diventando desueta, e l’uso improprio della locuzione.

Chi ha optato per street food non ha prestato attenzione al comunicato degli archeologi. Il termopolio era infatti un locale all’interno di un edificio in muratura, mentre lo street food è cucinato, servito e consumato all’aperto: viene venduto da bancarelle, furgoni o chioschi.

Si tratta inoltre di un anglicismo superfluo, anche se ormai molto diffuso: in italiano disponiamo già di cibo di strada, con lo stesso significato.

Fast food

Se proprio non si poteva rinunciare all’itanglese (de gustibus…), per descrivere il tipo di locale si poteva invece usare fast food. Ne approfitto per ricordare che in questa accezione fast food è uno pseudoanglicismo perché in inglese indica solamente il tipo di cibo e non l’esercizio dove viene servito, che si chiama fast food restaurant.

Slow food

In origine era uno pseudoanglicismo anche slow food, nome coniato da Carlo Petrini come antonimo di fast food che dall’italiano è entrato poi anche nell’uso in inglese (un percorso simile a quello di body indumento femminile).


Vedi anche:

Dogfooding
Inglese farlocco: foodtelling
Grammatica inglese: food vs foods
Fooding e food feeling, parole ingannevoli


7 commenti su “La “bottega dello street food” di Pompei”

  1. Marco:

    Nei media anglofoni si parla alternativamente di street food o di fast food per questa notizia; secondo me, i media italiani si sono limitati a tradurre da questi articoli senza porsi alcun problema.

  2. Licia:

    @Marco in questo caso però è una notizia italiana e dubito fortemente che i media italiani abbiano tradotto dall’inglese. Forse in questo caso, una volta tanto, è il contrario: sono stati presi a modello i media italiani e c’è chi ha usato pedissequamente street food e chi ha modificato in fast food! Nei media anglofoni europei che leggo abitualmente avevo visto snack bar, che è anche la scelta di chi ha redatto il comunicato stampa ufficiale in inglese, The snack bar of Regio V resurfaces in its entirety with scenes of still life, food residues, animal bones and victims of the eruption.

  3. Martina:

    La cosa più assurda di questa storia, che mi è subito saltata agli occhi, è che quest’anglicismo è più superfluo che mai perché esiste un termine, archeologico e specifico (“termopolio” appunto), che davvero non necessita di altro -al limite una breve spiegazione per i non addetti ai lavori. Paradossalmente ho imparato ad utilizzare questo termine proprio leggendo di questa scoperta sui media britannici e americani. Per capirci: loro si premurano di utilizzare un termine appropriato greco-latino, e la stampa italiana si butta sullo “street food”. Il tutto si commenta da solo.

  4. Licia:

    @Martina appunto: possibile che non si siano resi conto che non è un caso che nel comunicato stampa sia stato usato tavola calda per spiegare cos’è un termopolio a chi non conosceva il termine?

  5. Martina:

    @Licia, molto cinicamente presumo di no. Come sai, c’è molta superficialità nella qualità di chi lavora nei media italiani, che io in genere non seguo ma di cui, tramite le tue segnalazioni, mi faccio ogni giorno di più un’idea raccapricciante.

  6. Flavia:

    Anche il compilatore della voce TERMOPOLIO in “Enciclopedia Italiana” (1937) usa ‘bar’: “Esso richiama il moderno bar”. Strano però che nel 1937 Emilio Magaldi usi ‘bar’ al posto di méscita.

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