Malapropismi: il “bene placido”

Beneplacito, dal latino tardo bene placĭtum, “ben piaciuto”, è l’approvazione o il consenso formale espresso da un’autorità o da un superiore a sottoposti. Ho scoperto che c’è chi dice invece *bene placido, come in questi esempi da Twitter:

Esempi: “…i governi politici che hanno tagliato le risorse alla sanità con il bene placido dell’Europa!”; “il bene placido degli amici degli amici che in Italia vale più di una candidatura al Nobel”; “tutte le porcate dal 1976 ad oggi hanno portato l’Italia ad essere quello che è con il bene placido degli italiani”; “Conte i pieni poteri se li è presi da solo con bene placido di Mattarella”

Sarei curiosa di sapere che tipo di rianalisi ha generato bene placido. Forse chi lo usa pensa a un’approvazione data senza alcun clamore, senza attirare attenzione? In che altro modo potrebbe essere stato reinterpretato?

Malapropismi

Bene placido è un esempio di malapropismo, la sostituzione inconsapevole di una parola con un’altra che ha suono simile ma tutt’altro significato, ad es. avere il polistirolo alto o colmare una laguna, con un effetto che è spesso comico.

I malapropismi riguardano in particolare espressioni figurate e modi di dire (ad es. spezzare un’arancia), latinismi (ad es. raptus per lapsus, ics per ictus), forestierismi (ad es. raider per rider, radical ship per radical chic) e lessico specialistico (ad es. bio spia per biopsia). Si riscontrano soprattutto tra chi ha bassa scolarizzazione, come spiega Rita Fresu in Malapropismo, quel vocabolo deforme:

Il fenomeno del malapropismo ricorre principalmente nell’italiano popolare, ossia la varietà parlata e scritta dagli incolti e dai semicolti che si servono dello strumento linguistico in modo deviante rispetto alla norma corrente. Tale varietà appare caratterizzata dall’incapacità di dominare la dimensione diafasica; ciò ha come conseguenza uno scarso controllo dei registri, specialmente quelli più ricercati. Alla base del malapropismo, infatti, sta l’intento dell’incolto di elevare il registro del proprio enunciato mediante la selezione di vocaboli inconsueti e prestigiosi, o comunque percepiti come tali, che tuttavia non sono completamente acquisiti e che, pertanto, vengono “semplificati” secondo un meccanismo che tende ad assimilare ciò che è ignoto o difficile al familiare.

La parola malapropismo è un anglicismo di origine antonomastica: deriva da Mrs Malaprop, personaggio che scambiava le parole nella commedia del 1775 The Rivals di R. B. Sheridan (da malapropos, “inappropriato”, a sua volta dal francese mal à propos, “a sproposito”).


Altri malapropismi: 
●  “difendere a spatatrac”
●  C’è chi fa cose “a sbaffo”
●  In fragranza, nelle mutande
●  Rianalisi: l’amantide religiosa


3 commenti su “Malapropismi: il “bene placido””

  1. Isa:

    Che delizia, i malapropismi. Che ne pensi dei test “seriologici” di cui tanto sento parlare (e leggo, anche, purtroppo) ultimamente? Siamo sullo stesso terreno?

  2. Licia:

    @Isa test seriologici è sicuramente un malapropismo!

    Ne aggiungo un altro divertente da un tweet di @mr_pac:  “Anni fa, alla trasformazione di alcuni servizi postali, ricordo e ancora ci rido, una signora distinta, vestita benissimo, davanti ad un famoso teatro di Roma, al telefono che parlava della "Nuova posta proletaria"! Me so’ sempre immaginato postini con falce e martello. >:)

  3. FF:

    Credo che il motivo sia più banale di una “nobile” rianalisi: si tratta di persone che sentono un’espressione, ma non sono abituati a vederla scritta, quindi inventano una grafìa che somiglia a ciò che hanno sentito.

    Lo stesso succede con “almeno che” invece di “a meno che” “avvolte” invece di “a volte”, “apposto” invece di “a posto”.

    Quando leggo: “Tutto apposto?” mi immagino un poveretto che passa il tempo ad “apporre” firme, sigle, timbri, e gli chiedono se abbia finito…

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