“Virgolette” in Europa e in USA

Primary quotation marks in European languages (used in print)

La carta di Jakub Marian da Map of quotation marks in European languages mostra i diversi tipi di virgolette usate per le citazioni nei diversi paesi europei. 

Sono identificati cinque tipi di virgolette, indicati da colori diversi nella carta:
inglesi  «francesi»  tedesche  polacche  svedesi

I programmi di scrittura sostituiscono automaticamente le virgolette semplici " con quelle previste per la lingua in cui è formattato il testo, se esiste e viene attivata l’opzione. Esempio nell’interfaccia italiana di Microsoft Word, che vale come impostazione anche per le altre lingue che si selezionano dalla barra di stato:

opzione di sostituzione di virgolette semplici con virgolette inglesi in Word 

Nell’interfaccia inglese l’opzione [Sostituisci] Virgolette semplici con virgolette inglesi si chiama Straight quotes with smart quotes ed è più appropriata perché vale per ciascuna combinazione di virgolette prevista per ogni lingua (nello specifico per l’inglese si tratta di curly quotes).

Le virgolette usate automaticamente in un testo possono anche dare indicazioni utili per la linguistica forense: un esempio in Linguisti a caccia di terroristi.

Virgolette in italiano

Come si vede anche nella carta europea, in italiano le citazioni possono essere indicate con le virgolette doppie e alte “ ”, dette anche inglesi, che ora sono quelle usate più comunemente, oppure con le virgolette doppie e basse « », chiamate anche francesi, uncinate, aguzze, acute oppure caporali.

Sono consentite anche le virgolette singole e alte ‘ ’ (che in italiano sono dette anche tedesche) ma il loro uso di solito è riservato citazioni all’interno di altre citazioni. 

Per il discorso riportato si usano virgolette doppie, sia alte che basse, e in alternativa la lineetta. Importa solo che sia usato un unico tipo, coerentemente in tutti i testi dello stesso autore. 

Per altri usi – ad esempio per titoli di contributi nei riferimenti bibliografici, per segnalare traduzioni, espressioni metaforiche, usi figurati o “non standard” – prevale l’uso delle virgolette alte doppie.

Per saperne di più: Dizionario di stile e scrittura Zanichelli.

Virgolette “da paura”

In inglese vengono spesso chiamate “scare quotes le virgolette usate per prendere distanza dall’uso di una parola perché lo si considera anomalo o inappropriato, oppure per comunicare ironia o sarcasmo.

Sono molto usate da Donald Trump, a volte senza uno scopo apparente, altre per sconcertare, spesso per fare insinuazioni che, se il caso, possono poi essere smentite. Un esempio recente è l’uso di “Bomb” a proposito dei pacchi bomba inviati a vari esponenti democratici (prima che si scoprisse che il colpevole era un suo accanito sostenitore):

Tweet di Donald J. Trum: Republicans are doing so well in early voting, and at the polls, and now this “Bomb” stuff happens and the momentum greatly slows - news not talking politics. Very unfortunate, what is going on. Republicans, go out and vote!

Altri esempi in Did Donald Trump just come up with a new use for quotation marks? e
Donald Trump and the ‘rise’ of scare ‘quotes’ (e in molti altri articoli in tema!).

In inglese la “virgolettite” che colpisce singole parole è in ogni caso più diffusa che in italiano: ne ho già accennato in L’abuso delle “virgolette”

Virgolette britanniche e americane

La carta delle virgolette mostra anche che per la stessa lingua possono esserci usi diversi in paesi diversi. Un caso noto è quello dell’inglese: nel Regno Unito c’è chi usa le virgolette singole come virgolette principali e quelle doppie come secondarie, mentre negli Stati Uniti è il contrario.

Inoltre, gli americani mettono sempre i segni di punteggiatura finali all’interno della citazione, gli inglesi invece solo se la punteggiatura è rilevante per la citazione stessa, come in italiano.

Esempio:
USA – “Very unfortunate,” said Trump
UK – ‘Very unfortunate’, said Trump

Virgolette mimate

Infine, in inglese si chiamano air quotes o finger quotes le virgolette mimate con le dita, un’abitudine che abbiamo adottato da tempo anche per l’italiano. Non è l’unico segno di punteggiatura mimato, cfr. Nuova “punteggiatura vocale”: hashtag

esempio di air quotes
Striscia: Zits


Nuovo post: Virgolettati fantasiosi (e “fumosi”) sulle virgolette giornalistiche.


5 commenti su ““Virgolette” in Europa e in USA”

  1. Daniela:

    Grazie, tutto molto chiaro. Avessi pubblicato il post un po’ prima…Mi è capitato di dover fare chiarezza sull’argomento per un testo inglese e ho perso un sacco di tempo a spulciare siti in italiano e in inglese. Fortunatamente, le mie conclusioni sono le stesse di quanto da te illustrato (non è così scontato, ho letto tante informazioni ma anche il loro contrario…).

  2. Emy:

    Tutto perfetto. Da redattrice editoriale abituata a uniformare testi con le virgolette appropriate, confermo ogni virgola e virgoletta del tuo post. Evviva i collaboratori che nei testi di Word attivano le “virgolette intelligenti”: ci risparmiano un po’ di lavoro di editing!
    Solo una cosa, la “lineetta” di cui parli è più comunemente chiamata tratto. I tratti principali sono tre: il trattino d’unione (-), usato appunto per unire gli elementi di parole composte, il tratto medio (–), sempre preceduto e seguito da uno spazio, usato per separare un inciso, elencare articoli di una lista ecc., e il tratto lungo o americano (—), tipico della narrativa statunitense e usato in Italia da certi editori per segnalare le battute di un dialogo.

  3. Licia:

    @Emy, hai evidenziato il famigerato problema di come chiamare in italiano questi segni: 

    1
    2 ‐  
    3 – 
    4

    In inglese nella terminologia Unicode di riferimento sono 1 hyphen-minus (U+002D) 2 hyphen (U+2010), 3 en dash (U+2013) ed 4 em dash (U+2014). Ne approfitto per ricordare che en dash ed em dash si chiamano così perché la lunghezza dovrebbe corrispondere allo spazio che occupano rispettivamente N e M.

    Nel post ho usato la terminologia del Dizionario di stile e di scrittura, che chiama 1 trattino, 2 segno meno e 3 lineetta, descrivendola come trattino allungato usato per incisi e discorso diretto o riportato (viene anche citato l’uso anglosassone di 4 em dash, a cui non viene dato un nome italiano, e viene spiegato che in inglese può essere usato per unire gli estremi di un intervallo, ad es. 2017—2018).

    Altre fonti usano invece terminologia diversa, come hai evidenziato anche tu. Aggiungo un altro esempio: la versione del Manuale di stile di Lesina del 1994 che possiedo io distingueva tra trattino (“più breve dello spazio occupato da un carattere”), segno meno (“spazio pari a quello degli altri caratteri) e tratto (“più varianti di lunghezza diversa”).

  4. Emy:

    Ah, nel mio commento sopra avevo dimenticato di dire che *anche* il tratto medio o lineetta (3, ovvero –), come del resto hai scritto tu, è spesso usato per segnalare le battute di un dialogo.
    Il tratto lungo o americano (4, ovvero —) è usato per i dialoghi solo dagli editori che imitano, appunto, lo stile Usa.

    Quanto al segno meno e alla lineetta, in trent’anni di lavoro editoriale presso grandi editori e vari studi editoriali, sinceramente non li ho mai sentiti chiamare così, almeno colloquialmente da colleghi redattori, grafici impaginatori e tipografi. Ma, come hai detto, la terminologia per definire i tratti è tutt’altro che univoca.

  5. Licia:

    @Emy e se aggiungiamo l’interfaccia di Word (Inserisci simbolo nella scheda Inserisci), le incongruenze aumentano:

    Inserisci simbolo in Word

    L’unico riferimento certo sono i codici Unicode!

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