Tweet aggressivi? CLIC!

puntatore premuto su faccina livorosa e scritta CLIC! 

È risaputo che su Twitter i temi di attualità attirano commentatori incapaci di argomentare civilmente con chi la pensa in modo diverso dal proprio. Molte interazioni si riducono a botta e risposta livorosi, in un crescendo di offese e volgarità che spesso si interrompono bruscamente con il blocco dell’avversario.

Unico aspetto degno di nota: l’uso peculiare della parola clic.

Ti blocco… Clic!

Una premessa per chi non usa Twitter: se Tizio viene bloccato da Caio, non potrà più vedere i tweet di Caio e viene impedita qualsiasi interazione tra i due. Tizio però non riceve nessuna notifica del blocco e gli altri frequentatori di Twitter non hanno modo di sapere che è stato bloccato.

comando Blocca di Twitter

Si è diffusa così una nuova convenzione per comunicare platealmente a un utente (e a chiunque altro veda il tweet) che sta per essere bloccato: consiste nel terminare l’ultimo tweet di uno scambio con la parola clic (o click).

Esempi d’uso:

esempi

Da un punto di vista esclusivamente linguistico mi sembra una soluzione ingegnosa. Con pochissime lettere la parola clic annuncia un’azione rapida, ad effetto immediato e irreversibile da parte di chi la subisce – anche per bloccare, basta un clic!

L’origine onomatopeica evoca non solo il rumore secco del comando del mouse ma richiama anche l’ideofono del grilletto premuto che mi pare possa sottolineare l’aggressività di una fine imposta e a cui non si può scampare.

Si può inoltre notare che c’è una restrizione “sintattica”: clic appare solo a fine frase, che è uno dei punti dove viene focalizzata l’attenzione. Non solo conferisce incisività, ma rende anche più riconoscibile l’uso peculiare di clic, ne riduce l’ambiguità e guida verso un’interpretazione corretta del suo significato.

Neologismi semantici

Il sostantivo clic, il verbo cliccare e la locuzione fare clic inizialmente indicavano solo la pressione del pulsante del mouse per eseguire un comando.

Con la diffusione dei dispositivi mobili c’è stata un’estensione di significato: nell’uso comune (fare) clic e cliccare vengono usati anche come alternativa a tocco e toccare (tap in inglese), l’azione fatta con un dito sul touchscreen e a cui raramente è associato anche un suono.

Come abbiamo appena visto, nell’uso specifico di Twitter la parola clic ha subito un’altra risemantizzazione e ha acquisito il nuovo significato informale di “ti blocco”, dimostrando così una grande flessibilità.  
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Vedi anche: Lessico di Twitter: bot off, un neologismo inglese che ha parecchi punti in comune con clic!


Non uso Facebook: fatemi sapere nei commenti se anche lì o in altri social c’è un uso di clic! simile a quello di Twitter, ad esempio per togliere l’amicizia o per bannare qualcuno.

Aggiornamento dai commenti: un antecedente a clic era plonk.

7 commenti su “Tweet aggressivi? CLIC!”

  1. Asandus:

    Clic ormai è entrato nell’uso; quando sono usciti gli smartphone (“furbofoni”, ma quando mai!) era un po’ entrata in uso un’orrenda italianizzazione del verbo “tap” traslata in “tappare”. Roba da chiodi: per me tappare vuol dire, appunto, mettere un tappo (a una bottiglia, a un vasetto…). Per fortuna proprio l’esistenza di un verbo “tappare” in italiano corrente ha permesso di smontare queso farlocchesismo quasi sul nascere.

  2. marco[n]:

    Confermo il precedente uso di “plonk”, che oltre a suonare come una caduta in un recipiente, aveva come significato un acronimo, non so se reale o costruito a posteriori: Put Lamer ON Killfile, ovvero mettere il “lamer” in una lista di persone da ignorare. Ci sarebbe poi tutta la discussione sul termine lamer…

  3. Licia:

    @Asandus tappare scelta davvero poco ragionata! 😉

    @Marco @marco[n] e @Mauro, grazie per plonk, non conoscevo l’accezione di Usenet ma da quello che capisco è sicuramente paragonabile a clic!, anche perché è di origine onomatopeica anche plonk e in inglese evoca il tonfo della caduta. A me però plonk fa pensare come prima associazione a ben altro: vinaccio di infima qualità venduto in Inghilterra e Irlanda (servito anche dall’ambasciata italiana a Dublino l’unico giorno all’anno in cui apriva i giardini alla plebe italiana, perlomeno quando vivevo da quelle parti: bottiglioni di liquido colorato con etichetta “vino bianco” e “vino rosso”, imbevibile a detta dei connazionali che l’avevano provato).

    @Flavia interessante questa associazione! Tieni presente però che i click della fonetica in italiano si chiamano anche consonanti avulsive: senza considerare il nome inglese diventa più difficile fare un collegamento ai clic descritti nel post, che invece hanno come origine un rumore meccanico.

  4. Armando Vero:

    Per me “clic” era il suono della cornetta nel momento in cui si riattaccava il telefono. Sono quasi sicuro che fosse un’onomatopea usata nei fumetti (Topolino) e da lì penso di aver costruito l’associazione.
    Inoltre, quando sul finire degli anni ’90 passavo le notti in chat (tipo mIRC o PowWow) a tubare con le fanciulle e a riempirle di psicobaci, tale accezione risortiva fuori alla fine dei nostri lunghissimi saluti di congedo che infatti venivano sempre chiusi da un “CLIC”: alle cinque di mattina uno dei due si ricordava che poche ore dopo avrebbe avuto scuola e allora abbuiava la veglia, chiudendo la conversazione scritta come fosse una telefonata.
    Clic. Fine. Buonanotte.

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