L’evoluzione dell’italiano al tempo dei social

Vi suggerisco di leggere Ormai non scriviamo più in italiano, ma in “e-taliano, un’intervista al linguista Giuseppe Antonelli sull’evoluzione dell’italiano al tempo del web e dei social. 

Troverete considerazioni molto interessanti su aspetti non solo diacronici ma anche diamesici, diafasici e diastratici. Per chi non ha familiarità con questi termini aggiungo uno schema del sociolinguista Gaetano Berruto:

Diafasia, diastratia e diamesia nell’architettura dell’italiano contemporaneo da Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo di Gaetano Berruto.

Italiano dell’uso immediato

Antonelli spiega che la vera novità dell’italiano digitale contemporaneo è la frammentarietà dei testi: “testi non solo brevi, ma incompleti; testi che per esprimere a pieno il loro senso hanno bisogno quasi sempre di un elemento esterno.[…] Come nei post dei social network, in cui la multimedialità di link e immagini non rappresenta più un’espansione, ma una condizione necessaria. Non ipertesti, dunque, ma ipotesti”.

Antonelli lo descrive anche come italiano dell’uso immediato, evoluzione dell’italiano dell’uso medio descritto da Francesco Sabatini (l’ho citato in Grammatica, variabilità e norme interiorizzate).

Non sappiamo più essere formali

Viene anche messa in evidenza l’informalità crescente dell’italiano, con confine tra pubblico e privato sempre più labile e un conseguente appiattimento dei registri. Mi ha fatto pensare alla studentessa di “Vorrei un consiglio per la tesi…” 

Hashtag nuovo gesto semiotico 

Mi sono piaciuti molto gli esempi di hashtag creativi con funzione “social(e)”, usati cioè come commento e non per categorizzare i tweet con parole chiave (cfr. Tipi di #hashtag). Ho avuto conferma che anche in italiano gli hashtag sono diventati una sorta di “punteggiatura vocale”, con il cancelletto mimato con le dita.

E-taliano

L’unico dettaglio che non mi convince del tutto è il nome e-taliano per identificare l’italiano del web e dei social. Non lo trovo rappresentativo di questo decennio perché associo il prefisso e- (da electronic) alla fine del XX secolo, quando era molto produttivo, mentre ora è raramente usato per denominare nuovi concetti.

Sarebbe però improponibile un’eventuale alternativa con il prefisso i, sul modello di iPad, iPhone e altri prodotti Apple, e non solo per la scarsa leggibilità di iItaliano (la seconda lettera, iniziale maiuscola di Italiano, può essere confusa con una L minuscola). Anche il prefisso i sta infatti perdendo favore, cfr. La comunicazione post-linguistica di Apple Watch

Altri autori hanno usato italiano 2.0 ma ho l’impressione che anche 2.0 stia diventando datato. Si potrebbe invece azzardare un colloquiale italiano “social”, anche senza virgolette, perché l’anglicismo social è usato in italiano non solo come sostantivo plurale ma anche come aggettivo.

Preferisco in ogni caso italiano dell’uso immediato, neologismo molto efficace, o in alternativa italiano della comunicazione digitale.
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Vedi anche: Comunque anche Leopardi diceva le parolacce, libro di Antonelli in cui trovate altri dettagli su questi temi.


Aggiornamento 12 settembre 2016 – Mi è piaciuto molto l’intervento di Giuseppe Antonelli al Festivaletteratura di Mantova, dove è stato presentato il nuovo libro uscito l’8 settembre, Un italiano vero. La lingua in cui viviamo. L’intervento dura 30 minuti e inizia al minuto 7:50:

2 commenti su “L’evoluzione dell’italiano al tempo dei social”

  1. Aldopaolo Palareti:

    Vorrei aggiungere una domanda su una parte del post non primaria, quella su “E-taliano”: cosa ne pensi di “Eataly”? A me fa cadere per terra varie parti del corpo.
    In realtà aggiungo che secondo me l’uso di giochi di parole in nomi commerciali andrebbe evitata: i giochi di parole stancano alla millesima ripetizione, e non mi sembra una mossa intelligente usare un nome commerciale che stanca. Forse è per questo che prefissi come “e-” o “i” stanno perdendo forza?

  2. Licia:

    @Aldopaolo, secondo me in un contesto italiano Eataly funziona nella comunicazione scritta, molto meno in quella orale perché se non è chiaro dal contesto “itali” fa pensare a Italy e non a Eataly.

    In generale penso anch’io che, a parte alcune eccezioni, i nomi con giochi di parole alla lunga possano stancare (a meno che il nome diventi così distintivo che non si fa più caso al gioco di parole). In un vecchio post, X e Z nei nomi dei medicinali, qualche perplessità su nomi “descrittivi” come Contramal, Viamal, Benagol…

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