Donne in marina, tra implicito e stereotipi

Che effetto vi fanno le parole evidenziate, viste nell’occhiello nel sommario di un articolo del Corriere della Sera?

Migranti, la missione EUNAVFOR MED – A bordo della portaerei Cavour confine ultimo d’Europa. Sulla nave italiana impegnata nella missione di soccorso dei migranti. Tante ragazze del Sud tra gli ufficiali e in infermeria. Non in cucina e in lavanderia – articolo di Beppe Severgnini

Siamo nel 2016, è davvero una notizia che nella marina militare italiana le donne non siano relegate in cucina o in lavanderia? Sono rimasta perplessa dall’articolo perché si ha l’impressione che Beppe Severgnini sia davvero stupito dal ruolo e dalle aspirazioni delle donne che ha incontrato su una portaerei.

Ha suscitato varie reazioni negative (cfr. 6 motivi per cui Beppe Severgnini deve chiedermi scusa) ma chi conosce personalmente il giornalista ha escluso stereotipi o sessismo (esempi qui). È chiaro che qualcosa non ha funzionato.

Come non detto. Usi e abusi dei sottintesi 

copertina Come non dettoVorrei provare a spiegare perché anche per me alcune affermazioni sono inopportune. Prendo come riferimento alcuni concetti della filosofia del linguaggio e delle teorie della comunicazione descritti in Come non detto. Usi e abusi dei sottintesi di Filippo Domaneschi e Carlo Penco.

Stereotipi – In questo contesto lo stereotipo (“insieme di proprietà standard che caratterizza un tipo di individui, oggetti e azioni”) va intesto come uno schema semplificatore che ci aiuta a capire in fretta le situazioni, così ci possiamo concentrare sulle informazioni nuove e diverse. Può essere attivato anche da pochi dettagli e consente variazioni, ma in mancanza di informazioni specifiche ad ogni proprietà viene attribuito il valore “di default”.

Appropriatezza – Il proferimento, l’atto di dire una frase in un certo contesto, è appropriato se presuppone una credenza condivisa dai partecipanti, altrimenti risulta inappropriato: esempi tipici sono le gaffe e le frasi “fuori luogo”. 

Implicito – Molte informazioni non vengono dette esplicitamente ma veicolate in modo implicito, più o meno intenzionalmente. Chi riceve il messaggio le deve ricostruire attraverso indicatori presenti nel testo e con strategie di inferenza. C’è quindi differenza tra “ciò che viene detto” e “ciò che viene comunicato” e per questo possono esserci fraintendimenti.

Chi traduce ne ha consapevolezza perché nel passaggio da una lingua all’altra si può dover fare emergere aspetti impliciti o viceversa rendere impliciti aspetti espliciti.

“Non in cucina e in lavanderia”

Torno alla frase che mi ha colpita, Non in cucina e in lavanderia. Sono pochi dettagli che però bastano ad attivare un preciso stereotipo retrogrado di donna che – non solo per me – è molto negativo e ulteriormente aggravato dagli stereotipi sulle differenze nord-sud che vengono attivati da tante ragazze del Sud.

Lo stereotipo della donna “che ha attitudine solo per lavori domestici” in questo contesto appare addirittura come il modello di riferimento, al punto che fa notizia il fatto che non venga imitato. È implicito nell’importanza data alla frase, a sé stante, e ha un indicatore nella negazione in evidenza come primo elemento. Dovrebbe essere intuibile che i lettori che non condividono questa visione troveranno l’affermazione Non in cucina e in lavanderia.del tutto inappropriata

Per una conferma dei sottintesi, provate a fare la parafrasi di questo passaggio dall’articolo. Bisogna ricorrere a connettivi e riempitivi che rendono più espliciti il pensiero dell’autore e i suoi riferimenti:

Tante ragazze del sud, nella fortezza Bastiani galleggiante. Le trovo dovunque. Tra gli ufficiali e in infermeria, nell’hangar e in plancia. Non in cucina e in lavanderia, a meno che non si siano nascoste al mio arrivo.”

Considerate anche l’effetto completamente diverso dell’occhiello senza la frase incriminata e il suo implicito. L’attenzione ora è spostata sul numero di ragazze del sud impiegate nelle missioni di soccorso e le connotazioni sono esclusivamente positive:

versione 2 

Sono convinta che Severgnini volesse aggiungere note di colore e non avesse alcun intento discriminante, però è l’effetto indesiderato di questa e altre sue frasi o scelte lessicali (ad es. la ragazza  per nulla intimorita di essere a tavola con il giornalista famoso o quella che è seria quando dichiara di voler entrare nel Ris…).

Credo che in ogni caso possa essere utile riflettere sul sessismo linguistico, vero o percepito, e sui sottintesi e altri meccanismi linguistici che possono veicolarlo. Purtroppo mi pare che per ora in Italia il dibattito sia a senso unico, incentrato quasi esclusivamente sui nomi di professione: se avete letto  Donne e grammatica sapete già come la penso!


Per qualche altro dettaglio sul libro di Domaneschi e Penco vi rimando alla recensione di Luisa Carrada, L’eloquentissimo potere del non detto, che spiega perché si tratta di concetti rilevanti per la scrittura e la comunicazione.

14 commenti su “Donne in marina, tra implicito e stereotipi”

  1. Alpha T:

    Si possono fare due tipi di osservazioni: una da persona di oggi che valuta il mondo attorno a sé e i comportamenti, ed un’altra professionale, valutando quanto si tiene conto del contesto, del pubblico dei lettori, per scrivere un articolo.

    Fermandosi al contenuto, sembra semplicemente pazzesco che si parli di eventuale sessismo quando il tema forte sarebbe la migrazione, ma lasciamo perdere.
    Ecco, riguardo al modo in cui ha trattato Severgnini il ruolo delle donne nello scritto, direi che non c’è nulla da eccepire.
    Il fatto che da uno scritto del genere si possa montare un caso è un segno della follia dei tempi.

    Riguardo invece al lavoro del titolista, che spesso è un ruolo ingrato ma altrettanto spesso abusato, va detto che qui qualcosa da eccepire c’è.
    Anche ammesso di voler puntare l’attenzione sulle donne a bordo (che, da come gliele hanno piazzate al tavolo, fa pensare fosse un obiettivo, una strategia di promozione immagine della Marina, finita male), si poteva certo fare un titolo meno infelice, come giustamente rimarchi, Licia.
    Ma appunto qui bisogna fare la distinzione: in un mondo minimamente sano, chi interpreta quelle parole come segno di sessismo dovrebbe essere accompagnato alla porta tra le pernacchie. Anche se è comunque un occhiello sgraziato.
    Invece siamo in un mondo di pazzi, dove non si cerca di capire il contenuto implicito dei testi, al contrario si allena la nuova generazione, fin dalla scuola, a cercare un ipotetico contenuto implicito contestabile.
    E allora, giudicando il comportamento professionale del titolista, avrebbe dovuto tenere conto del fatto di vivere in un mondo di pazzi, quindi ha fatto un grosso errore.

  2. Mauro:

    Che Severgnini non sappia spiegarsi è noto (e mi chiedo quindi perché continuino a farlo scrivere), però credodi sapere cosa intendesse dire in questo caso… lui si aspettava la stessa percentuale di donne in ogni ruolo, dal più alto al più basso, e invece ha scoperto che nei ruoli più bassi la percentuale di donne è invece più bassa… quindi gli è venuto il dubbio (legittimo) se non ci sia un sessismo al contrario.
    Certo, se Severgnini si decidesse a imparare a scrivere in maniera comprensibile e non ambigua, non dovremmo più cercare di interpretare i suoi arzigogoli. Ma forse è chiedergli troppo.

  3. Licia:

    @Alpha T inizialmente avevo pensato anch’io a una sintesi poco accorta del titolista, e invece rispecchia il contenuto dell’articolo. Per me comunque il riferimento di Severgnini a lavanderia e cucina rimarrebbe fuori luogo anche se non apparisse nel titolo.

    Dal tuo commento deduco che sei un uomo e probabilmente è per questo che pensi sia da pazzi leggere del sessismo nella descrizione dell’articolo, eppure ti assicuro che dal punto di vista di una donna ci sono dettagli molto irritanti (vedi link alle reazioni negative nel post). Tieni conto che io di solito sono parecchio scettica sul dibattito italiano sul sessismo linguistico (vedi crociate sui nomi di professione), ma non se ne può più di leggere dettagli sull’aspetto fisico o gli stati emotivi delle donne che nessuno si sognerebbe di usare per uomini negli stessi ruoli professionali. Esempi a bizzeffe nelle cronache politiche, e nell’articolo Severgnini si nota che dei marinai non specifica il colore degli occhi, la corporatura o la pettinatura, o se tradiscono emozioni, come invece ha fatto con le donne.

    @Mauro se era questo il messaggio in effetti non era facile decifrarlo! 😉

  4. Lele:

    Posso dire la mia – per quel che vale – senza aver letto l’articolo?
    Concordo in parte sia con Alpha T sia con Mauro. E non so in che percentuale quel “sommario” (più che “occhiello”, direi) possa essere attribuito al titolista o a Severgnini.
    Ma “la notizia” è “uomo morde cane”, mentre fatto banale, non degno di nota, è “cane morde uomo”.
    Allora la notizia è “Tante ragazze del Sud tra gli ufficiali e in infermeria”, mentre di default sarebbe trovarne poche.
    La notizia è “Non in cucina e in lavanderia”, mentre la normalità sarebbe trovarne qualcuna.
    Mi viene da chiedermi – forse ingenuamente – se le ragazze (del Sud) non siano utilizzate in cucina e in lavanderia perché si tratta di “lavori pesanti”. E se questo accadesse in assoluto, o per principio, mi sembrerebbe sbagliato perché penso che anche le donne (come gli uomini) possano fare lavori pesanti.
    Insomma, mi sembra più notizia il fatto che non ci siano donne in cucina, piuttosto che il fatto che ci siano donne tra gli ufficiali.

    Ho l’impressione che, ammesso che si tratti di sessismo, si tratti – più che di sessismo linguistico – di sessismo sociale. Fermo restando che Severgnini per me ha l’aria di un lumacone un po’ rétro.

  5. Licia:

    @Lele “Posso dire la mia – per quel che vale – senza aver letto l’articolo?”❓😳 Se non fosse una domanda retorica e me l’avessi chiesto davvero, ti avrei risposto un perentorio NO! 😉

  6. Lele:

    @Licia

    Scusa. Ho finito il bonus di 20 articoli mensili gratis del Corriere 🙁

    D’altronde, ho risposto alla tua domanda “Che effetto vi fanno le parole evidenziate, viste nell’occhiello di un articolo del Corriere?”. Mica parlavi dell’articolo! 😉

  7. Licia:

    @Lele, se la mettiamo così… 😉

    Per leggere gli articoli del Corriere: mi sembra che il paywall sia abbastanza “poroso”, hai provato da PC con browser in modalità Private / InPrivate / Incognito?

  8. Alpha T:

    Licia, mi pare, come ho accennato, che il fare incontrare a Severgnini soprattutto donne, mettergliene anche al tavolo, significasse la volontà di mostrare un alto livello di integrazione. Viene persino da pensare che abbiano chiesto al Corriere di dare questo taglio. Un PR stunt. Andato male.
    L’articolo di Servergnini ha, in maniera leggera e scanzonata, il tono di chi fa notare che le donne non sono relegate in una posizione secondaria.
    Come dire “Ecco, vedete, anche qui missione compiuta, parità apparente dei sessi raggiunta”, nonostante traspaia un certo ingenuo entusiasmo in quella che si è buttata in mare… Severgnini pare più o meno involontariamente suggerire una certa improvvisazione nell’addestramento, non è lo spirito di chi è temprato in modo da saper affrontare anche una vera situazione di guerra.

    Ma è segno dei tempi che, anche sfruttando una infelice scelta del titolista, si sia saltati al collo del giornalista per attribuirgli il pensiero diametralmente opposto.
    Dopotutto siamo nell’epoca in cui la battuta con cui tradizionalmente si apre un discorso ti può costringere a dare le dimissioni…
    https://www.washingtonpost.com/news/morning-mix/wp/2015/06/12/nobel-scientist-tim-hunt-ignites-social-media-firestorm/

    Ecco, è professionalmente corretto stare attenti a non urtare la suscettibilità di alcuno. Ma dato che facendo così aumenta sempre più la suscettibilità, come sta accadendo, fino al punto di non essere più capaci di capire i contenuti impliciti ma sostituirli di default con qualcosa di malevolo, allora bisognerebbe combattere contro la PC prima di soccombere.
    O forse, ancora meglio, emigrare alle isole Kerguelen.

  9. Lele:

    @Licia (parzialmente OT)

    Mi permetto di intervenire ancora solo per chiedere (il che mi sembra appropriato in un blog che tratta di terminologia) una tua valutazione sull’osservazione che avevo incidentalmente inserito nel mio primo commento.

    Il post inizia con: “Che effetto vi fanno le parole evidenziate, viste nell’occhiello di un articolo del Corriere?”. Subito sotto, compare lo screenshot (non saprei come dirlo in italiano) del sito del Corriere dove sono evidenziate alcune parole che, a mio avviso, fanno parte non dell’occhiello, ma del sommario.
    L’occhiello invece è quello che recita “MIGRANTI – LA MISSIONE EUNAVFORMED”.

    Sbaglio?

  10. Licia:

    @Alpha T, non riesco a capire se con “montare un caso segno di follia dei tempi” ,  “saltare al collo del giornalista” ecc. tu intenda il contenuto di questo post? Se sì, sarei curiosa di capire da dove lo deduci, visto l’argomento trattato. In questo post infatti la frase Non in cucina e in lavanderia è uno spunto per accennare a concetti come stereotipi, implicito e sottintesi ed evidenziare che l’intenzione di chi scrive non viene sempre recepita correttamente da chi legge  – The form in which thoughts occur to a writer is rarely the same as the form in which they can be absorbed by a reader, sintetizza Steven Pinker in The Sense of Style. I commenti qui e su Twitter sono una conferma: davvero molte letture diverse dell’articolo di Severgnini! 

    @Lele, hai ragione, ho corretto in sottotitolo. Grazie!


    Ne approfitto per aggiungere un’altra distinzione, tra implicito, già descritto nel post, che riguarda gli aspetti che dipendono dalle specifiche parole usate dal parlante o dal contenuto o dalle caratteristiche del tipo di comunicazione, e non detto, che per l’interpretazione del testo richiede invece ulteriori informazioni che non sono ricavabili direttamente dal testo, cfr. Conoscenze enciclopediche.

  11. Alpha T:

    Licia, capisco il taglio _tecnico_ del tuo affrontare il tema.
    Ma linkando http://www.domitillaferrari.com/semerssuaq/beppe-severgnini/ e dando la colpa a Severgnini dell’equivoco, secondo me ti muovi oltre, in un discorso di politicizzazione in salsa femminista; difficile separare i due piani.
    Osservo semplicemente che, se è vero che ci sono _anche_ dei maschilisti in giro, solo un pregiudizio sugli uomini può portare a ritenere un vecchio marpione come Severgnini che scrive quelle parole, da osservatore scanzonato di una specie di ingenuo spot anni ’80 delle Forze Armate, come se rappresentassero il maschilismo e non invece una tranquilla accettazione delle conquiste del femminismo.
    Se qualcuno legge nell’articolo di Severgnini l’esatto opposto (!) di quel che ci leggo io, direi che abbiamo un serio problema di comunicazione.
    Ora, ragionando a posteriori, magari con una conoscenza enciclopedica su chi è Severgnini, su quali sono le probabilità che un quotidiano di riferimento se ne esca con un improvviso rigurgito di becero maschilismo eccetera, direi che non ci sono molti dubbi sul fatto che la mia interpretazione corrisponde alle intenzioni di Severgnini.
    Allora, anche fatta la tara al modo infelice di porla del titolista, direi che il buco nella comunicazione non dipende da cosa ha detto Severgnini, tant’ è vero che io l’ho capito benissimo senza essere un suo lettore, conoscendolo di striscio. Dipende invece da quello che qui su due piedi definirei un pregiudizio enciclopedico. Una narrazione della realtà su cui si costruiscono castelli in aria, e lauree in gender studies.
    Stiamo cioè importando (principalmente dagli Usa) la cultura del leggere in un testo ciò che non vi si trova, se se ne può trarre un’accusa allo scrivente, di averci urtati in qualche sensibilità protetta. Lo stesso tipo di sragionamento che fa chiamare “razzista” l’inquadrare una seggiola vuota (v.Clint Eastwood).
    Tra chi trova pregiudizi negli altri per proprio pregiudizio, e chi non si è professionalmente abbastanza cautelato contro il pregiudizio di chi legge, non posso che difendere il secondo. Perché le cautele necessarie e i bizantinismi per garantire una scrittura neutra non possono che aumentare in questo clima, e le conseguenze negative per chi sbaglia anche. Ad un certo punto bisogna dire basta. Meglio prima che dopo.

    Detto questo, capisco che non volevi estendere il discorso oltre il piano linguistico e apprezzo molto il tuo blog, non vorrei esser sembrato troppo critico od invadente.

  12. Licia:

    @Alpha T io però ho citato sia “accusa” che “difesa” e ti invito anche a rileggere il capoverso che inizia con Sono convinta che e a fare caso ai grassetti che ho usato… Ovviamente ben vengano i punti di vista diversi ma le tue mi sembrano polemiche fuori luogo.

  13. Irene:

    Mi ero persa questo articolo! Avevo seguito con interesse la.conversazione su twitter. Molto interessante, linguisticamente parlando!

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