Il Bel Paese degli anglicismi

speciale TreccaniIl Bel Paese dove l’OK suona è uno speciale del Portale Treccani sull’uso degli anglicismi. Ci sono otto contributi, tra cui uno mio, Le comunicazioni istituzionali e il rischio dell’inglese farlocco. Mi sono chiesta da cosa siano motivati gli anglicismi di chi ci governa, con esempi dal mio elenco, e che indicazioni ci diano sulle competenze linguistiche di chi li usa.

Altri dettagli sul mio punto di vista in un vecchio post, L’invasione degli anglicismi. Anche se critica, sono ottimista: non credo ci siano pericoli per la lingua italiana ma penso sia utile distinguere tra lessico comune e lessico specialistico – ne ho accennato anche nell’articolo – e tra forestierismi insostituibili, utili e superflui.

immagine che illusta articolo di Roberta D'AlessandroMi sono ritrovata in diverse osservazioni di Roberta D’Alessandro in L’italiano sta bene: vivo e imbarbarito. Non condividiamo invece il fastidio che provo per la notevole differenza tra anglicismi “attivi”, quelli che usiamo effettivamente nelle produzioni orali spontanee, e “passivi” che invece ci limitiamo a sentire o vedere, usati spesso a sproposito dai media e ora anche dalle istituzioni.

Nell’intervento di Valeria Della Valle, Il cuore “puro” della letteratura italiana d’oggi, ho avuto una conferma indiretta della mia convinzione che l’abuso di anglicismi sia inversamente proporzionale all’effettiva padronanza dell’inglese e dell’italiano. Dall’analisi di alcuni scrittori contemporanei emerge infatti ”l’immagine di una prosa che rifugge dall’uso di termini angloamericani”, lontana dalla lingua della stampa.
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Se leggete il mio intervento, fatemi sapere cosa ne pensate del ruolo che attribuisco al MIUR, citato spesso nei miei post sugli anglicismi istituzionali.
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Immagini: Portale Treccani
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2 commenti su “Il Bel Paese degli anglicismi”

  1. Marco:

    Peccato per il titolo… C’era proprio bisogno di scomodare Dante? Credo inoltre che a molti sfuggirà il riferimento. [“Le genti del bel paese là dove ‘l sì suona”]
    Al posto del Portale Treccani avrei messo un titolo meno “evocativo” ma più significativo.

  2. Massimo S.:

    Buona la prima…

    …ipotesi del tuo intervento:

    “l’ostentazione di anglicismi dimostr(a) la volontà di rendere incomprensibili concetti o fenomeni che si potrebbero esprimere facilmente anche in italiano. È l’inglesorum, un aggiornamento del latinorum manzoniano: confonde le idee e distrae dalla realtà”

    Aggiungo che tale ostentazione è proprio fatta allo scopo di ‘nobilitare’ idee e concetti di poca originalità e spessore, nascondendone l’intrinseca banalità, oppure per nascondere sgradevoli concetti di segno opposto come, ad esempio, operazioni di regressione e ridimensionamento dello stato sociale spacciate per il loro contrario…

    es. spending review (in campo sanitario, all’italiana) = taglio indiscriminato dei servizi sanitari, piuttosto che revisione (riorganizzazione) della spesa (per eliminare i soli sprechi e le ruberie) senza contraccolpi per gli assistiti.

    Infine non sono d’accordo con Marco…
    Se il verso di Dante non ce lo ricorda il Portale Treccani (cioè l’Enciclopedia italiana per tutti su internet, che si contrappone ad analoghe ma infinitamente più straripanti risorse in rete di stampo anglosassone,) e pur in modo pertinente e spiritoso, stimolando e attualizzando, per così dire, le ns. reminiscenze scolastiche, chi mai dovrebbe farlo?

    Dante e Manzoni, nel bene e nel male sono, con pochi altri e come pochi altri, ancora espressione nel ns. modo di essere esseri umani e italiani.

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