Fantasy e fantasia, prestiti “doppioni”

In italiano fantasy (sostantivo e aggettivo) identifica un genere narrativo e cinematografico caratterizzato da un’ambientazione fantastica e da un’atmosfera di magia, nel quale prevalgono i riferimenti alla mitologia classica, alle fiabe, alle saghe nordiche e a un immaginario Medioevo, e in cui è centrale la lotta del bene contro il male (un classico: Il Signore degli anelli).

4 classic fantasy tales for kids: Alice in Wonderland, Cinderella, Puss in Boots, The Adventures of Pinocchio

Fantasy è un tipico esempio di prestito accolto con una sola delle accezioni della lingua di origine, quindi con un significato più specifico.

Come modificatore, in inglese fantasy ha varie funzioni e identifica anche altri tipi produzioni letterarie caratterizzate da grande immaginazione e ambientazioni alquanto lontane dalla vita reale, come fiabe, favole, leggende e ogni tipo di narrazione fantastica: Peter Pan, Pinocchio e i romanzi di Roald Dahl sono esempi di fantasy novel o fantasy book.

Questa differenza tra inglese e italiano è sfuggita all’autore di una notizia tradotta:

Alice nel Paese delle Meraviglie, 150 anni fa. Ogni 4 luglio si celebra l’Alice Day, dedicato alla protagonista di uno dei libri fantasy più famosi al mondo e di un altrettanto celebre film della Disney.

Alice in Wonderland è un fantasy book in inglese ma ci vuole fantasia per chiamarlo libro fantasy in italiano! Mi pare più corretto descriverlo come romanzo fantastico.

Fantasy nell’uso italiano è un esempio di prestito doppione” perché è stato preferito a una risemantizzazione del sostantivo fantasia. Un aspetto curioso è che c’è lo stesso tipo di doppione (allotropo) anche in inglese, che ha adottato l’italianismo fantasia (con l’accento sulla seconda sillaba, /fanˈteɪzɪə/) per descrivere un componimento musicale in forma libera, oppure una selezione di noti motivi musicali o un insieme di diversi stili artistici.

Walt Disney’s Fantasia

Il confronto tra fantasy e fantasia rivela un esempio di anisomorfismo.

Definizione di fantasy dal Vocabolario Devoto-Oli.

6 commenti su “Fantasy e fantasia, prestiti “doppioni””

  1. Massimo S.:

    Trovo molto bella la definizione italiana di “romanzo fantastico” per opere come Alice nel Paese delle Meraviglie e Pinocchio.
    Definire, Pinocchio “romanzo fantastico” invece di “favola” significa tributare il giusto riconoscimento a questo libro troppo spesso sottovalutato.
    (Nel film di Truffaut ‘Fahrenheit 451’, tratto dall’omonimo libro di Ray Bradbury, Pinocchio è l’unico libro italiano, nella personale interpretazione del regista francese, ‘meritevole’ di essere bruciato dai vigili del fuoco incaricati nel futuro raccontato da Bradbury di tenere l’umanità lontana da ogni libro, bruciandoli, in quanto pericolosi o inutili).
    Una proposta: adottiamo, quindi, senz’altro “romanzo fantastico” o “racconto fantastico” o “film fantastico” nel linguaggio di tutti i giorni, magari con opportune specificazioni come “di avventura”, “dell’orrore”, anche al posto di romanzo, racconto, film fantasy, per opere quali Il signore degli anelli, Il leone di Narnia e simili!

  2. Roberto:

    Perché si parla di “prestito” per una parola straniera accolta nella nostra lingua?
    Abbiamo forse l’intenzione di restituirla prima o poi, e non usarla più?

  3. Mauro:

    Per Roberto: è vero, è curiosa la scelta terminologica, ma di fatto ormai è entrata nell’uso. Anche in inglese si chiamano loanwords e in tedesco Lehnwörter.

    Proprio nel senso che intendi tu, esistono alcune parole che in effetti una volta prese a prestito vengono restituite ormai modificate. E’ il caso, ad esempio, del latino dux, ducis, che viene preso in prestito dal greco e poi restituito al latino, ormai divenuto italo-romanzo o italiano, come duca (nella cui -a si riconosce la desinenza greca di accusativo singolare della declinazione in consonante). Serianni a lezione li chiamava “cavalli di ritorno”.

  4. Massimo S.:

    @Roberto

    Il fatto curioso del prestito linguistico è che, a differenza del prestito di qualsiasi altra cosa, esso non implica il depauperamento, ancorché temporaneo di chi presta.
    La lingua mutuante, che presta, conserva per così dire la disponibilità dei termini ‘prestati’ e può continuare ad usarli a piacimento, a differenza di chi presta un libro o dei soldi, che ne resterà privo per la durata del prestito, fino a quando riceverà in restituzione lo stesso libro prestato, nel caso di prestito d’uso, o la somma di denaro prestata, nel caso di mutuo, che non s’identifica nella restituzione proprio di quei biglietti di banca prestati (es. proprio quelle 5 banconote di cento euro date da Tizio a Caio: quei biglietti Caio li ha spesi per le proprie necessità…), ma in biglietti di banca analoghi aventi il medesimo valore (es. Caio restituisce a Tizio la somma di cinquecento euro con un solo biglietto da 500 euro, o con un assegno bancario o un bonifico dello stesso valore, che permettono a Tizio di ritirare quella somma da una banca.
    Il prestito linguistico, inoltre, non necessita del consenso di ‘chi presta’, essendo i vari termini liberamente disponibili per chi intenda usarli (salvo i nomi commerciali). A ben vedere, anzi, chi utilizza termini stranieri lo fa senza preoccuparsi minimamente di ricevere un qualche assenso da chicchessia.

    Insomma quello linguistico è un prestito sui generis… e
    la parola prestito è usata in senso solo figurato.

    @Bep
    dico che solo un anglofono o anglofilo sarebbe portato a identificare paper, nei fumetti Disney ‘italiani’ come un prestito inglese…
    In realtà la parola paper identifica da sempre nel mondo Disney (tradotto in) italiano tutto ciò che ha a che fare col mondo dei paperi (cioè di zio Paperone, Paperino, Paperina, Qui Quo Qua, Nonna Papera, Paperoga, ecc.) e che corrisponde all’inglese duck.
    Così, ad esempio, nella versione italiana i paperi Disney vivono a “Papero”poli, mentre nella versione inglese la città di Donald Duck e compagni è “Ducks”burg.

    Un aneddoto. Un amico di mio fratello, inveterato anglofilo, un giorno mi chiese di poter assaggiare un bicchiere di quell’ “Enàis”, bevanda inglese o scozzese per lui misteriosa, ma sicuramente buonissima, di cui aveva visto una bottiglia nel mio mobile dei liquori. Meravigliato risposi di non avere tale liquore… e lui mi indicò quella che era semplicemente una bottiglia di… italianissimo anice (insomma, il liquore della nonna!), da lui evidentemente interpretato come AnIce… 😉

  5. Licia:

    @Massimo in italiano il concetto di fantastico in letteratura è in uso da parecchio tempo, ma può avere diverse sfumature; per chi desidera approfondire, in rete si trova molto materiale, ad es. con riferimento a Italo Calvino. Divertente l’aneddoto di anice!

    @Roberto, in effetti prestito è un controsenso se si pensa al significato originale della parola, ma come ha già fatto notare Mauro è una scelta comune a diverse lingue.

    @BEP non ci avevo mai pensato, esempio molto interessante!

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