La “maledizione della conoscenza”

Il 7 novembre 2014 sono a Salerno per Comunicare in Europa. Nel mio intervento, Terminologia e comunicazione, farò riferimento alla curse of knowledge, un concetto a cui è dedicato un capitolo di The Sense of Style di Steven Pinker.

Cos’è

La “maledizione della conoscenza” è  la difficoltà di immaginare che gli altri non sappiano ciò che conosciamo bene. Per Pinker è la causa principale dei testi poco comprensibili anche se scritti da persone molto competenti. Manifestazioni tipiche sono informazioni e riferimenti dati per scontati, l’uso di astrazioni familiari e abituali per chi scrive ma non per i lettori meno esperti, e gergo, abbreviazioni, acronimi, forestierismi e terminologia da addetti ai lavori, senza definizioni o spiegazioni.

Esempio: Il ruolo dell’informatica nella società digitale e altre pagine del progetto Programma il futuro, descritto come "per tutti, nessuno escluso" ma che invece presume conoscenze non comuni (cfr. frasi come “la sicurezza di queste transazioni è legata ad una famosa congettura sulla complessità computazionale, secondo la quale P è diverso da NP”).

Come evitarla

Pinker spiega il problema da prospettive psicologiche e cognitive e dà varie indicazioni per evitarlo. Ritiene valido il classico suggerimento di identificare il lettore tipico di un testo, ma ci avverte che si tende ad avere un’immagine ottimistica di quali possano essere le sue effettive conoscenze, competenze, aspettative ed esigenze: è sempre meglio presumere che sappia meno di quanto si immagina.

Per quanto banale possa sembrare, è molto utile sottoporre il testo a lettori reali e rappresentativi del proprio pubblico per verificare se ci sono problemi di comprensione.

Chi scrive dovrebbe inoltre abituarsi a spiegare ogni termine poco noto, ad es. aggiungendo una breve definizione o un esempio, e a evitare esattismi e soprattutto pseudotecnicismi, sostituendoli con parole del lessico comune (cfr. gli esempi di L’antiburocratese e post con tag burocratese).

Sono convinta che anche la cultura terminologica possa essere un buon antidoto alla “maledizione della conoscenza” perché abitua a riflettere sui concetti e sulle parole e i termini che li rappresentano, a evidenziare caratteristiche essenziali e distintive e usarle per definizioni concise ma efficaci, e a prestare sempre attenzione all’utente finale: vari esempi nei post sul lavoro terminologico. Altri dettagli in Terminologia e comunicazione (link aggiunto). 
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Vedi anche:  Variazione e ripetizione (con partita Iva e tweet), con una nota sulla differenza tra parole e termini.

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