Mute in Twitter [1]

Prendo spunto da una funzionalità recente di Twitter per alcune considerazioni sulla formazione dei termini, che può essere primaria (si dà un nome a un nuovo concetto) o secondaria (il concetto viene trasferito in un’altra lingua, ad es. attraverso la localizzazione).

Risemantizzazione di mute

Mute in Twitter (interfaccia web)La nuova funzionalità di Twitter consente di rendere invisibile nella propria cronologia l’attività di qualcuno che si segue, ma senza che lo sappia (rimane tra le persone che si seguono e può continuare a comunicare attraverso i messaggi diretti). Questa opzione è stata chiamata Mute, una scelta che può apparire insolita, soprattutto in un contesto di inglese come seconda lingua (E2).

Per denominare il nuovo concetto è stato attribuito un nuovo significato a un termine esistente attraverso la risemantizzazione del verbo mute nel suo significato più frequente di disattivare l’audio, probabilmente l’unico noto in E2. È un uso chiaramente metaforico: in Twitter la comunicazione non è orale ma avviene esclusivamente in forma scritta (visiva).

mute icon in TwitterL’icona scelta per identificare un utente “muted” è il noto simbolo di audio disattivato, congruente quindi con il significato che ha il termine mute nella maggior parte delle interfacce, ma non coerente con il concetto che invece rappresenta in Twitter, e quindi potenziale fonte di ambiguità (cfr. Oggetti, concetti e segni nelle interfacce).

Formazione primaria

Nella terminologia informatica, il riutilizzo di risorse lessicali esistenti attraverso analogie e metafore è uno dei metodi di formazione primaria più comuni. Ha il vantaggio di usare parole già note e quindi facili da ricordare (economia linguistica), ma può dar luogo a indeterminatezza e ambiguità che entrano in conflitto con il principio della monosemia perseguito dalla terminologia tradizionale.

Ci si potrebbe comunque domandare se Mute in Twitter sia un concetto effettivamente nuovo o se invece condivide molte caratteristiche con concetti già familiari, come pare suggerire la sua definizione: “Mute is a feature that allows you to hide a user’s Tweets from your timeline. When you mute a user on Twitter, their content will no longer be visible to you, and you will no longer receive push or SMS notifications from that user”.

Nuovi termini e adozione di termini esistenti

Se un concetto è già esistente, si possono seguire due strategie di denominazione:
1 – adottare terminologia già nota, con cui l’utente dovrebbe avere familiarità perché usata in altri prodotti, come ad es. i termini Hide e Ignore e l’opzione I don’t want to see this in Facebook;
2 – creare la propria terminologia per rendere la nuova funzionalità più distintiva, valutando però il possibile impatto sulla curva di apprendimento dell’utente.

La scelta di Twitter privilegia l’opzione 2 ma ricorre a un termine già esistente in altri contesti per concetti diversi, quindi corre il rischio di ridurre la “distintività” e di aumentare invece l’indeterminatezza (cfr. Windows 8: da charm ad accesso per un altro esempio).

Connotazioni

Nelle scelte terminologiche non vanno ignorate le connotazioni indesiderate che potrebbero avere un termine e i simboli associati. Immagino che Twitter abbia scelto l’icona dell’audio, poco congruente con la funzionalità, e abbia evitato alternative più descrittive, come ad es. una testa stilizzata con una X al posto della bocca, per escludere rimandi al significato non politicamente corretto che può avere mute (“muto”) se associato a una persona.

Formazione secondaria

Il processo di formazione primaria della terminologia di prodotti o servizi che verranno proposti anche in altre lingue dovrebbe sempre considerare anche le dinamiche di formazione secondaria. Sarà l’argomento di un prossimo post, con l’esempio della localizzazione italiana: Mute in italiano, la confusione di Twitter.


Per approfondire: Schmitz, K. D. (2007), “Indeterminacy of terms and icons in software localization” in Indeterminacy in LSP and Terminology. Studies in Honour of Heribert Picht. Amsterdam/Philadelphia: John Benjamins.

6 commenti su “Mute in Twitter [1]”

  1. marco:

    Il termine mute veniva usato già molto tempo prima in gmail per le conversazioni

  2. Licia:

    @marco, grazie. Non uso praticamente mai Gmail e non lo sapevo, includerò l’informazione nella seconda parte del post.

  3. Francesca:

    ho visto che in italiano è stato tradotto “togli voce” (avrei preferito “nascondi”); chissà se in tedesco è rimasto “mute” o hanno pensato a “ausblenden”?

  4. Licia:

    @Francesca, in tedesco è @utente stumm schalten, come l’opzione per l’audio nei computer e per la suoneria nei telefoni.
    Per la discussione sull’italiano, ti rimando al post della settimana prossima. 🙂

  5. Maria Pia:

    ahhhh! il tanto atteso post! grazie Licia! in effetti qualcosa come “nascondi” o “rendi invisibile” sarebbe stato piu’ appropriato e l’icona poi crea tantissima confusione!

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