Dogfooding

eat your own dogfood
vignetta: Fitz&Pirillo (fonte originale non nota)

Per chi non si occupa di sviluppo di software questa vignetta potrebbe risultare oscura. Fa riferimento all’espressione gergale eat your own dogfood, da cui dogfooding, che per i produttori di software significa “usare i propri prodotti” all’interno dell’azienda, in particolare prima che siano rilasciati (in questo modo vengono testati da diversi tipi di utenti, a volte anche da chi non ha competenze tecniche specifiche). In contesti non colloquiali si ricorre invece al concetto di early technology adoption.

dogfoodingAvevo imparato l’espressione dogfooding quando lavoravo in Microsoft, dove era molto usata perché era stata coniata nel 1988 da un noto manager, Paul Maritz. Si era poi diffusa anche altrove e un tipico errore di localizzazione è tradurre letteralmente eventuali occorrenze di dogfood(ing) con “cibo per cani”.

Hanno discusso di dogfooding anche due ex colleghi: Barbara Karsch in Dog food anyone?, per riflettere sull’inadeguatezza dei termini gergali nati da metafore oscure, e Mike Pope in Microspeaking, per una breve panoramica di altro tipico gergo Microsoft.  


Nell’inglese britannico invece a dog’s dinner (o breakfast) significa un lavoro o altro fatto veramente male, un disastro.


Vedi anche: Crocchette ≠ croquettes (un errore di traduzione legato al cibo per cani).

2 commenti su “Dogfooding”

  1. Laura Carolina Collada Ali:

    Ciao Licia,

    seguo il tuo blog con molta attenzione perché mi risulta interessantissimo e ti ringrazio molto per condividere con noi le tue conoscenze.
    Ho visto la definizione di dogfooding nell’Urban Dictionary ma volevo chiederti se ci sono altri strumenti simili che possano aiutarci con questo tipo di termini.

    Ti ringrazio ancora una volta!
    Un caro saluto,
    Laura

  2. Licia:

    Grazie Laura!

    Non mi sento di consigliare glossari o database terminologici specifici, dipende molto dal tipo di progetto a cui si sta lavorando e dal sistema concettuale a cui fa riferimento quel progetto. Come dicevo qui e qui, succede che in ambiti simili gli stessi termini vengano usati per designare concetti diversi (ne accennerò di nuovo in un prossimo post) e quindi anche i risultati da fonti ritenute affidabili, come poteva essere la Microsoft Terminology Collection o come è IATE, che so molto consultato, non sempre sono adatti a tutti i contesti. Suggerirei sempre qualche verifica incrociata, in particolare nel caso di raccolte terminologiche frutto di crowdsourcing (cfr. Ricerca terminologica e verifiche con Google).

    I termini gergali complicano ulteriormente le cose: in teoria non dovrebbero apparire nelle versioni finali dei prodotti, invece succede e purtroppo chi ne fa uso a volte ne dà un’interpretazione “personalizzata”, un incubo per chi deve tradurre. 🙁

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