Neologismi belli e brutti, c’è posto per tutti!

foto di coppapasta da alimentipedia.it Nel Portale Treccani c’è un intervento che prende spunto dalla parola coppapasta per riflettere sull’influsso del dialetto nel lessico enogastronomico, sui criteri di legittimità dei neologismi e sulla sterilità di una possibile estetica delle parole:

Va poi chiarito che il giudizio sulla legittimità di un vocabolo a entrare a far parte del lessico di una lingua qualsivoglia, italiano compreso, non ha nulla a che vedere con questioni di bellezza o bruttezza dei suoni: non esiste un canone estetico assoluto cui le parole debbano sottostare, né una giuria cui sottomettersi. Vigono l’uso condiviso da parte dei parlanti e degli scriventi e il rispetto delle fondamentali norme grammaticali. […] Si tenga poi conto che ogni innovazione, in fatto di lingua, suscita spesso, inizialmente, reazioni di ripulsa da parte dei parlanti. Ma ciò che sembra brutto all’inizio, dieci anni dopo (o anche meno) è tranquillamente accettato dalla sensibilità linguistica collettiva.

Idiosincrasie a parte, è un punto di vista sicuramente condivisibile, anche se immagino non del tutto gradito ai neo-crusc.

Vedi anche:  Si dice in Romagna (uso non standard della lingua condiviso dalla maggior parte dei parlanti locali) e  ancora sull’uso dello scanner (ipotesi sull’affermazione di scannerizzare, un neologismo per molti orrendo, su possibili alternative).