regolarizzazione analogica

Sarei curiosa di sapere cosa viene in mente leggendo il titolo regolarizzazione analogica, senza contesto. Quanti di noi, in caso di espressioni poco diffuse che contengono parole polisemiche, provano a interpretarle facendo riferimento al significato più comune nella propria esperienza quotidiana o professionale, ad es. analogico inteso come non digitale?

Ci ho pensato leggendo una risposta nel portale Treccani sul plurale di orecchio, che non fa distinzione tra persone (orecchi) e animali (orecchie) come invece credono alcuni:

“…non v’è nessuna differenza di significato tra le coppie orecchio / orecchiaorecchi / orecchie. Va detto che nell’antichità il singolare orecchia (regolare sviluppo del latino AURĬCULAM) venne percepito come un plurale (le orecchia). È da orecchia plurale che fu ricavato quindi un singolare maschile orecchio, sul modello di uovo-uova. In seguito, le forze della regolarizzazione analogica – che tanto peso da sempre hanno nella creazione di forme, vocaboli e significati nuovi – tornarono ad agire in altra direzione, determinando la nascita del plurale maschile orecchi, sentito come più regolare abbinamento di orecchio. Così, senza troppa logica matematica, ma con una innegabile coerenza di spinte e attrazioni analogiche, la lingua italiana ospita oggi questo sistema di coppie sostanzialmente equivalenti, che non prevede differenze semantiche dipendenti dalla distinzione tra umano e non umano.” 

In contesto, il significato di analogico in regolarizzazione analogica diventa ovvio anche per chi non ha mai incontrato il termine linguistico, che descrive anche l’elaborazione di forme non standard da parte di bambini o stranieri che non hanno ancora recepito le eccezioni alle regole, come ad es. ho piangiuto anziché ho pianto, per analogia con i verbi regolari.

4 commenti su “regolarizzazione analogica”

  1. Sac:

    Ammetto che ero convinto si trattasse di un processo di sintonizzazione di un qualche vecchio impianto stereo! 🙂

  2. .mau.:

    non so, io ho pensato che una regolarizzazione digitale non ha senso e quindi sono subito andato al significato “per analogia”. Perché poi non si sia scritto “per analogia”, non lo so 🙂

  3. Enrico:

    prima di continuare a leggere, ho pensato che si poteva trattare di un qualche oscuro termine tecnico probabilmente tradotto letteralmente dall’inglese, e quindi digitale=non analogico

  4. Grazie per i commenti.

    Immagino che leggendo realizzazione analogica 50 anni fa, sarebbe stato immediatamente chiaro che analogico significava “che si basa sull’analogia”; non credo ci si sarebbe posti il problema di eventuali ambiguità nell’interpretazione, risolvibili sostituendolo con per analogia: il neologismo semantico analogico nel senso di “non digitale” non era ancora diffuso.

    Mi viene in mente un esempio molto più banale: anche solo 5 anni fa, se avessi sentito qualcuno dire “non trovo più la chiavetta”, avrei pensato a un problema di apertura di un lucchetto o qualcosa del genere, oggi invece concluderei che è stato perso un dispositivo di memorizzazione di dati, o magari un dispositivo per collegarsi a Internet, e, se non specificato altrimenti od ovvio dal contesto, non mi verrebbe certo in mente uno strumento per aprire piccole serrature! 😉

    Licia

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